Ilva, dati shock sulla mortalità  30% di tumori in più a Taranto

by Sergio Segio | 23 Ottobre 2012 5:44

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TARANTO— Dati choc sull’inquinamento a Taranto. In un rapporto dell’Iss presentato ieri dal ministro della Salute Balduzzi sulle morti legate all’attività  dell’Ilva è evidenziato un aumento dell’incidenza del 30%, con punte del 400% per alcune patologie oncologiche. Cresce anche la mortalità , con punte del 20% nel primo anno di vita. Per il ministro dell’Ambiente Clini serve un programma straordinario di prevenzione dei rischi. Per l’azienda, invece, i dati sono riferiti al passato.
A Taranto ci si ammala il 30% in più di tumore. Peggio di quanto si potesse pensare. Fa venire i brividi il disastro sanitario e ambientale documentato dal progetto “Sentieri”, che ieri il ministro della Salute Renato Balduzzi ha illustrato qui in Puglia. Le percentuali relative a morti e malati di tumore raccontano il dramma di una città  di 200mila abitanti, che convive con l’Ilva.
Quel “mostro” che dà  lavoro a 12mila tute blu e sforna milioni di tonnellate di acciaio all’anno, è di nuovo sotto accusa. Il patron Emilio Riva, l’anziano industriale, è ai domiciliari per “disastro ambientale”. E il cuore della sua fabbrica è sotto sequestro, per le polveri e i fumi che secondo i pm inquinano, uccidono e fanno ammalare. L’emergenza Taranto ha trovato conferma nei dati, relativi agli anni 2003/2009, snocciolati ieri dal ministro Balduzzi. «La situazione di Taranto è indubbiamente complessa», ha detto. «Credo che sia necessario uno sforzo, anche da parte della sanità  pubblica per un monitoraggio sanitario costante e un piano di prevenzione nei confronti dei lavoratori, dei bambini e di tutti, con iniziative mirate». Ma monitoraggio e prevenzione sembrano svanire quando si scorrono le percentuali. Se vivi a Taranto e sei uomo hai il 14% in più di possibilità  di morire rispetto al resto della Puglia, e in particolare di morire di cancro. Percentuali che schizzano al +33% per i tumori polmonari e al dato record di +419% per i mesoteliomi pleurici. Non va meglio se sei donna. Le tarantine hanno l’8% in più di probabilità  di morire rispetto alle altre pugliesi, il 13% di essere stroncate dal cancro. L’allarme si acuisce scorrendo i dati sull’incidenza dei tumori. I tarantini devono fare i conti con il 30% in più rispetto a chi vive in provincia e le donne con il 20%, con picchi del 100% per il cancro allo stomaco. Il dato più doloroso è quello dei bambini con il 20% in più di morti nel primo anno di vita. «Il progetto “Sentieri” — si legge nel rapporto — mostra incrementi significativi per tutte le cause di mortalità  e malattia». Per questo ieri il primario della pediatria di Taranto, il dottor Giuseppe Merico ha denunciato «casi di cancro scoperti nei primi quattro giorni di vita. La prova — ha detto — di un danno genotossico».
Sul banco degli imputati c’è quella fabbrica al centro di una vera tempesta giudiziaria. Di lì, dicono i giudici, partono diossina e benzoapirene, veleni di produzione industriale. Il benzoapirene è un idrocarburo policiclico aromatico di cui è infarcito il pm10 che si respira ai Tamburi, il quartiere che confina con il siderurgico. «È un cancerogeno certo », spiegano dall’organizzazione mondiale della sanità . E a Taranto «il 99% di quel veleno proviene da tre reparti dell’Ilva». Quelli che i giudici hanno sequestrano e che ora vogliono spegnere.
Ma l’acciaio dell’Ilva è strategico per il Paese. E 12mila posti di lavoro non si possono buttare così. La scommessa del futuro è l’Aia, l’autorizzazione integrata ambientale rilasciata pochi giorni fa dal Ministro dell’Ambiente Corrado Clini. L’obiettivo è di rendere la fabbrica eco-compatibile, obbligando la proprietà  a migliorie per miliardi di euro. L’azienda, intanto, si difende, guardando al passato quando la fabbrica si chiamava Italsider ed era di proprietà  dello Stato. «I dati esposti dal Ministro Balduzzi — dicono dall’Ilva — richiedono un’attenta e approfondita analisi. Da una prima lettura emerge una fotografia che rappresenta un passato legato agli ultimi trent’anni e non certo il presente».

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