Il piombo, pericolo pubblico
Lo studio è stato condotto dal Blacksmith Institute di New York nell’ultimo anno, e conclude che le popolazioni più esposte al rischio sono per lo più anche le più vulnerabili e neglette, tanto più «in assenza di indagini precise per quantificare l’impatto sulla salute umana di siti contaminati».
Il rapporto identifica le 10 industrie più tossiche, ovvero responsabili del maggior numero di malattie e di morti nelle popolazioni umane. Al primo posto è il riciclaggio di batterie (che contengono piombo e acidi). Al secondo la fusione del piombo, seguita dall’estrazione mineraria e lavorazione del minerale grezzo (sempre piombo). Al quarto posto le concerie, più tossiche delle discariche sia industriali che di rifiuti solidi urbani, che seguono al quinto e sesto posto. Seguono l’estrazione artigianate dell’oro (in cui sono usate sostanze estremamente tossiche); la lavorazione del metallo, l’industria chimica e quella dei coloranti completano la lista.
Lo studio (cofinanziato dall’Unione europea e da Green Cross svizzera) ha indagato 2.600 siti industriali in 49 paesi (esclusa la regione Medio oriente-Nord Africa, per «problemi di sicurezza»). Il piombo risulta la sostanza tossica che causa il maggior numero di malattie, dalle menomazioni nello sviluppo neurologico dei bambini a malattie cardiovascolari negli adulti. Segue il cromo, responsabile di tumori, poi il mercurio che danneggia i reni e lo sviluppo neurologico dei bambini. poi il cadmio, pure cangerogeno, e l’amianto responsabile di tumori ai polmoni, mesoteliona e altri mali, poi una lunga lista di composti organici volatili che provocano tumori, problemi neurologici, danni a fegato, reni, alla pelle e altro. Quei siti industriali sono molto spesso su piccola scala, o comunque con tecnologie semi-artigianali, dove le misure di sicurezza sono spesso ignorate. Lo studio elenca almeno 500 siti gravemente inquinati dal piombo, in cui la vita di 16 milioni di persone è a rischio, e osserva che la maggiore fonte di inquinamento da piombo sono i siti dove viene lavorato e fuso. Si consideri che la produzione globale di piombo è cresciuta del 9% nel 2011, a 4,52 milioni di tonnellate, in particolare per la crescita registrata da Cina, India e Messico – la sola Cina fa circa metà dell’estrazione mineraria mondiale – e che l’estrazione è particolarmente inquinante perché usa sostanze chimiche che poi sono rilasciate, come reflui pieni di metalli pesanti e altre sostanze tossiche: «Molto spesso l’estrazione mineraria è un provvedimento primitivo, gente a mani e piedi nudi, senza protezioni: almeno 14 milioni di persone sul pianeta sono a rischio per l’estrazione di piombo», stima il rapporto. Ma la domanda è in crescita. Quantità crescenti del minerale vengono riciclate, cosa in sé molto ragionevole: ma il riciclaggio – ad esempio del piombo estratto dalle batterie – avviene per lo più in officine semiartigianali con poche o nulle misure di sicurezza, nel settore informale, cioè fuori da ogni controllo, magari nei cortili di quartieri popolari. Non è un problema di tecnologie: gli equipaggiamenti moderni che rendono meno sporco il lavoro esistono, ma sono costosi, roba per paesi industrializzati – impensabili nelle officine semi informali dove vengono disassemblati e riciclati batterie e apparecchi elettronici dismessi, o fabbrichette per la lavorazione artigianale dei metalli. Il risultato è un problema sanitario grave – ma completamente ignorato.
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