Il passo indietro del Cavaliere «Primarie del Pdl a dicembre»

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ROMA — «Per amore dell’Italia si possono fare pazzie e cose sagge. Diciotto anni fa sono entrato in campo, una follia non priva di saggezza, ora preferisco fare un passo indietro per le stesse ragioni d’amore che mi spinsero a muovermi allora. Non ripresenterò la mia candidatura a premier ma rimango a fianco dei più giovani che debbono giocare e fare gol». Silvio Berlusconi ufficializza con una lunga nota la sua volontà  di non ricandidarsi e annuncia che il suo successore sarà  scelto con primarie aperte in una data che suggerisce per il 16 dicembre. Parole che provocano una valanga di reazioni.
«Io ho ancora buoni muscoli e un po’ di testa — spiega il Cavaliere — ma quel che mi spetta è dare consigli, offrire memoria, raccontare e giudicare senza intrusività ». Poi l’annuncio sulle «primarie aperte», per quella che immagina «una competizione serena e libera tra personalità  diverse e idee diverse cementate da valori comuni». Sarà  «una pagina nuova di una storia nuova», per «un’investitura dal basso nella quale ciascuno potrà  riconoscere non solo i suoi sogni, come in passato, e le sue emozioni, ma anche e soprattutto le proprie scelte razionali, la rappresentanza di idee e interessi politici e sociali decisivi per riformare e cambiare un Paese in crisi, ma straordinario per intelligenza e sensibilità  alla storia, che ce la può fare, che può tornare a vincere la sua battaglia europea e occidentale contro le ambizioni smodate degli altri e contro i propri vizi».
Berlusconi si toglie anche qualche sassolino: «Siamo stati chiamati spregiativamente populisti e antipolitici della prima ora». Ma rivendica «questa riforma populista»: «È la più importante nella storia dei 150 anni dell’unità  del Paese. Ci ha fatto uscire da uno stato di sudditanza alla politica dei partiti e delle nomenclature immutabili. Sono personalmente fiero e cosciente dei limiti della mia opera. Questo non poteva che avere un prezzo, la deriva verso ideologismi e sentimenti di avversione personale, verso denigrazioni e delegittimazioni faziose che non hanno fatto il bene dell’Italia».
Poi c’è il passaggio sul governo attuale, con un appoggio che il Cavaliere ribadisce: «Da questa sindrome paralizzante siamo infine usciti con la scelta responsabile, fatta giusto un anno fa con molta sofferenza ma con altrettanta consapevolezza, di affidare la guida provvisoria del Paese al senatore e tecnico Mario Monti, espressione di un Paese che non ha mai voluto partecipare alla caccia alle streghe». E qui c’è una lode al premier e ai «suoi collaboratori», che «hanno fatto quel che hanno potuto, cioè molto», nella situazione data: «Sono stati commessi errori, alcuni riparabili a partire dalle correzioni alla legge di Stabilità  e ad alcune misure fiscali sbagliate, ma la direzione riformatrice e liberale è stata sostanzialmente chiara».
Berlusconi rivendica la scelta di «arginare le velleità  neocoloniali che alcuni circoli europei coltivano a proposito di una ristrutturazione dei poteri nazionali». La sua visione dell’Europa è diversa: «Il nostro futuro è in una Unione più solida e interdipendente, in un libero mercato e in un libero commercio illuminato da regole comuni che vanno al di là  dei confini nazionali, in una riaffermazione di sovranità ».
Infine l’allarme sul ritorno della sinistra: «La continuità  con lo sforzo riformatore cominciato 18 anni fa è in pericolo serio. Una coalizione di sinistra, che vuole tornare indietro alle logiche di centralizzazione pianificatrice che hanno prodotto la montagna del debito pubblico e l’esplosione del Paese corporativo e pigro che conosciamo, chiede di governare con uno stuolo di professionisti di partito educati e formati nelle vecchie ideologie egualitarie, solidariste e collettiviste del Novecento. Sta al Popolo della libertà , al segretario Angelino Alfano, e a una generazione giovane che riproduca il miracolo del 1994, dare una seria e impegnativa battaglia per fermare questa deriva».


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