Il «rumble in the jungle» di Biden

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NEW YORK. Dal clima di anticipazione emotiva e mediatica che lo ha preceduto, il dibattito dei vice Biden/Ryan, giovedì sera, si sarebbe detto un evento della portata sportiva e simbolica di un «Rumble in the jungle» (lo storico incontro di Kinshasa tra Alì e Carl Foreman, nel 1974) o di un «Thrilla in Manila» (Alì/Frazier, l’anno dopo). Novanta minuti in cui il senatore e numero due di Obama, Joe Biden (69 anni), doveva riscattare la figuraccia fatta dal suo presidente e rilanciare l’entusiasmo democratico necessario al ticket per conquistare un secondo giro alla Casa bianca. Per il rampante tecnocrate Ryan (42 anni) era questione di resistere all’urto ma anche di trovare un difficile equilibrio tra il recente rebranding centrista di Romney e la sua storia personale al Congresso, all’insegna del darwinismo economico e sociale più spietato e di uno zelo religioso che più «regressive» non si può.
Diverso il formato del dibattito di Danville, in Kentucky, da quello presidenziale, di Denver. Lì Obama e Romney erano in piedi di fronte ai leggii, qui Biden e Ryan erano seduti intorno a un tavolo insieme al moderatore, la giornalista della Abc Martha Raddatz che, avendoli a portata di mano, ha fatto meno fatica a richiamarli all’ordine del povero Jim Lehrer che, la settimana scorsa, era stato travolto fin da subito.
Denso, combattivo, ricco di dettagli, persino un po’ avvincente (ma forse era la paura che andasse male di nuovo….) il dibattito dei vp è stato sostanzialmente dominato da Biden, o almeno dalla sua personalità . Laddove Obama -quando non era il suo turno di parlare, ma ogni tanto anche nel mezzo di un discorso- sembrava demotivato e assente, Biden non è stato fermo e/o zitto un attimo. Quando era Ryan ad avere la parola, il vecchio senatore del Delaware era tutto un fuoco artificiale di espressioni facciali. Costellate da commenti a mezza voce («incredibile», «non vero», «roba da matti», «bugie» e, tra i più riusciti, un sarcastico «adesso sei diventato Jack Kennedy!») che spesso si trasformavano in interruzioni vere e proprie.
Insieme allo stile fiammeggiante per cui è noto (e che ha immediatamente fatto infuriare i commentatori di destra su Fox News), Biden è però riuscito a far passare alcune cose importanti, come la sua schiacciante padronanza in politica estera (Raddatz è una specialista di esteri, quindi ha chiesto molto sul tema), il rischio che programmi di welfare come Medicare e Social Security correrebbero in un’amministrazione Romney/Ryan, la possibile messa fuori legge dell’aborto (tema su cui il cattolico Ryan ha dovuto fare marcia indietro rispetto al suo credo personale per allinearsi con le posizioni lievemente più moderate del mormone Mitt)….
Considerato uno dei cervelli più promettenti del suo partito, il repubblicano del Wisconsin si è difeso a forza di numeri (quando ne aveva, veri o falsi che fossero) e di accuse che non sempre andavano a segno. Ma aveva poco di sostanziale con cui arginare l’entusiasmo di Biden.
Sono stati un entusiasmo e un’aggressività  destinati più a risollevare gli omabiani depressi che a far cambiare idea ai repubblicani scettici. Biden è stato generoso fin da sembrare a tratti caricaturale. Non a caso, le recensioni filo-Romney del giorno dopo gli davano già  del «fuori di testa».
A un certo punto Ryan è riuscito a entrare nella performance torrenziale del democratico con una battuta sulla sua mitica propensione alle gaffe. E Biden, touché, ha contrattaccato dal cuore: «Ma quello che dico, io lo penso sempre». E lì, pensando all’uomosenzaqualità  Mitt Romney, che ha un’identità  diversa per ogni occasione, è venuta voglia di applaudirlo.


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