Il Csm boccia il ddl anticorruzione “Un passo indietro incoerente pene lievi, così il sistema gira a vuoto”

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«RISCHIO di far lavorare a vuoto il sistema», detto della riforma delle pene per la corruzione. Questo, ma anche molto altro. Di fatto una stroncatura. Stavolta a fare il «grillo parlante» — fastidioso animale polemicamente citato al Senato dal Guardasigilli Severino appena un giorno fa contro i suoi detrattori — è il Csm. Che finalmente, quando rischia di essere troppo tardi, piglia in mano il disegno di legge anti-corruzione e dice la sua. Un parere di sole otto pagine, perché ormai a palazzo dei Marescialli non vanno più di moda i rapporti monstre. Ma l’effetto, a ben vedere, è ancor più tranchant. Lunedì il testo sarà  definitivamente votato nella commissione per le Riforme.
Repubblica ne anticipa il contenuto. Con un obiettivo. Un parere così non può essere ignorato, ma soppesato riga per riga. Visto che lancia uno warning sostanziale quando dice: «Sembra opportuno porre in evidenza il grave rischio di avviare riforme di diritto sostanziale, inserite nell’attuale metodo di calcolo della prescrizione dei reati, che possono far lavorare a vuoto il sistema». Il Csm non cita processi in via d’estinzione, ma dopo una frase così il pensiero non può non andare proprio a quei casi, anche clamorosi, da Penati a Berlusconi, che rischiano di finire in crisi. A quel punto, per certo, il sistema «avrà  lavorato a vuoto».
INDUZIONE KILLER
Non si può che partire da qui, dalla tanto criticata concussione (o corruzione) per induzione, il neo più evidente di questa manovra anti-corruzione. Oggi nel codice penale c’è una sola concussione, articolo 317, punita da 4 a 12 anni. Prescrizione 15 anni. Domani ce ne saranno due. La prima concussione per costrizione sarà  punita da 6 a 12 anni. Stessa prescrizione. La seconda, quella per induzione, vedrà  pene da 3 a 8 anni. Troppo poco dice il Csm. Prescrizione 10 anni. Troppo bassa anche quella. A rischio, di conseguenza, i processi in corso. Il ministro della Giustizia Paola Severino la difende. Il Csm la stronca. Ne parla così: «La condotta di induzione, il nuovo articolo 319 quater, prevede una sanzione edittale sensibilmente inferiore a quella fino a oggi applicata. Ciò oggettivamene costituisce un arretramento particolarmente significativo nell’attività  di contrasto di un comportamento che oggi risulta essere la forma statisticamente più diffusa di integrazione del reato di concussione». Si badi, il Csm parla di questa forma di concussione come di quella «statisticamente più diffusa», quindi è evidente che i processi in corso, per la maggior parte, dovranno rientrare nella fattispecie punita meno duramente e con la prescrizione breve anziché nell’altra. Tant’è che il Consiglio osserva: «Oltre che sul piano operativo, con la sensibile riduzione dei termini di prescrizione del reato, la diminuzione di pena costituisce un segnale simbolico incoerente con le intenzioni che animano l’impianto complessivo delle modifiche proposte, volte a determinare un rafforzamento del contrasto al fenomeno illecito».
SEGNALE INCOERENTE
Qui sta il punto. Nell’incoerenza di voler lottare un fenomeno, ma con armi che lo favoriscono. Il “grillo” Csm non ha bisogno di chiose. Neppure quando mette in mora un’altra scelta di Severino, contenuta nello stesso reato, quella «di punire anche la condotta della vittima della concussione per induzione». L’ex pm Di Pietro lo considera un «colpo mortale» alle indagini sulle tangenti. «Non parlerà  più nessuno» ripete da mesi. Scrive il Csm: «È una scelta che suscita perplessità . La pena prevista, per la sua entità , fino a tre anni, non è probabilmente in grado di costituire un serio deterrente. D’altra parte essa avrà  molto probabilmente l’effetto di ostacolare le indagini nei reati di concussione per induzione, atteso che crea un nesso di solidarietà  criminale tra i protagonisti della fattispecie, normalmente uniti da un patto segreto privo di tracce ulteriori, che condividono l’interesse a evitarne l’accertamento». Anche in questo caso, come per l’induzione, il Csm certifica i timori cui le stesse toghe dell’Anm, ma non solo, hanno dato voce. Poi dà  un consiglio: prevedere «un’ipotesi di non punibilità  della vittima o una forte attenuazione della sanzione se collabora », magari distinguendo «tra chi subisce l’induzione per pura coazione psicologica da chi persegue un proprio vantaggio».
REATI SPUNTATI
Una preoccupazione dopo l’altra. Ecco quella sui nuovi reati — il traffico d’influenze e la corruzione tra privati — propagandate come la vera arma futura contro i corruttori. Sentiamo il Csm che ne pensa. Premessa soft, «costituiscono un utile arricchimento all’armamentario punitivo dello Stato». Indorata la pillola, arriva la batosta: «Deve osservarsi come l’efficacia appare fortemente condizionata dall’esiguità  della pena edittale stabilita. La sanzione massima a tre anni preclude l’utilizzo delle intercettazioni che, in contesti fortemente connotati dalla relazione personale tra le parti coinvolte, sono di fondamentale utilità ». Né, scrive il Csm, si può arrivare alle misure cautelari «utili a interrompere le contiguità  in cui le condotte punite maturano». Per finire la ciliegina sulla torta, la prescrizione che, con quella pena, sarà  «assai breve». Bocciatura inclemente anche per la corruzione tra privati «limitata alle sole figure apicali delle società  commerciali», punibile se vi è «un danno per la società », per giunta «procedibile esclusivamente a querela della persona offesa, pur afferendo a condotte spesso dannose per l’intera collettività ».
LE GRANDI ASSENTI
L’Europa, la tanto citata Europa, ci aveva chiesto di allungare la prescrizione per perseguire i corrotti. Ricorda il Csm: «Senza un suo radicale ripensamento ogni modifica legislativa rischia di risultare vana in quanto le statistiche dimostrano che il principale ostacolo nella repressione del fenomeno sta nell’attuale sistema di calcolo e nei termini troppo brevi della prescrizione». Ebbene la prescrizione resta com’è, nel caso della concussione per induzione si accorcia, nei nuovi reati è addirittura ridottissima. Accanto alla prescrizione lunga come grande assente si aggiungono un ritorno all’antico per il falso in bilancio e il reato di autoriciclaggio, del tutto ignorati nel ddl anti-corrotti. E anche questo il Csm segna con la penna rossa.


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