Il Colle preoccupato per il governo e l’attacco a Berlino

by Sergio Segio | 28 Ottobre 2012 7:43

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ROMA — È un condensato del repertorio politico che Berlusconi utilizza sempre quando sceglie una strategia d’urto. C’erano i soliti attacchi sul fronte della giustizia, che gli hanno fatto evocare una «dittatura dei magistrati», da smantellare con esplicito spirito di ritorsione. E c’erano le vecchie recriminazioni su quei poteri dello Stato, dal Quirinale alla Consulta appaiate in una sorta di sinergia nemica, che quand’era a Palazzo Chigi gli avrebbero reso «un calvario» il varo di qualsiasi legge, e che vorrebbe dunque ridimensionare inserendole in una drastica riforma costituzionale. 
Accuse con un forte impatto di delegittimazione, certo. Comunque già  sentite, anche se per un presidente della Repubblica non è certo facile abituarvisi. Ma ad ammutolire e preoccupare davvero Giorgio Napolitano, ieri, ci sono stati soprattutto i colpi esplosi dall’ex premier su due altri bersagli, entrambi vitali per le sorti del Paese. In primo luogo le bordate sul cancelliere tedesco Angela Merkel, dei cui indirizzi politici l’Italia sarebbe rovinosamente «succube» e che un anno fa, con i «sorrisini» scambiati tra lei e Sarkozy davanti alle telecamere di mezzo mondo, avrebbe addirittura tentato un «assassinio della sua credibilità  internazionale». E c’è stato poi l’enigmatico messaggio indirizzato a Monti, responsabile di scelte economiche che ci spingerebbero verso «la spirale di una recessione senza fine» e fautore di un «regime di estorsione fiscale», al quale il Cavaliere ha avvertito che potrebbe «togliere la fiducia» del Pdl.
Una deflagrante apertura della campagna elettorale, con tanto di programma da battaglia che sembra costruito su misura delle esigenze personali dell’ex presidente del Consiglio e delle ansie dei cittadini, in questa stagione di crisi. Il capo dello Stato ha seguito parola per parola la diretta tv da Villa Gernetto, allestita come un set che quasi replicava Palazzo Chigi. Ha ascoltato il lungo monologo e le successive risposte in conferenza-stampa. Eppure, anche se può aver dato per scontato che lo sfogo sarebbe stato duro dopo la dura condanna subita venerdì da Berlusconi, forse non si aspettava che l’esternazione avrebbe preso una piega del genere. Così ultimativa e contro tutti da comprendere perfino la minaccia di far cadere il governo in tempi brevi, proprio mentre il Parlamento sta per affrontare la legge di Stabilità .
Ecco quello che per il Quirinale è probabilmente il punto politico più delicato apertosi dopo il passo in avanti di Berlusconi con l’annuncio di voler «restare in campo». Infatti, indipendentemente dalla rinuncia a ricandidarsi come premier, la promessa di nuovi conflitti con Monti rischia di avere immediate ricadute sui mercati. Allo stesso modo, le aspre critiche alla Merkel (indicata tra gli ispiratori di una specie di complotto ai danni suoi e dell’Italia) rischiano di riaprire tensioni e gettare ombre sul futuro del Paese, che da meno di un anno ha riconquistato un’affidabilità  perduta. Ciò che potrebbe complicare i rapporti di Roma con l’Europa. 
Due incognite che, senza trascurare altre pur gravi sortite («la nostra non è una democrazia, è una magistratocrazia»… «questo è uno Stato di polizia tributaria», ecc.), hanno spinto Napolitano a scegliere il silenzio. Per ora. Nessun commento, insomma. Neppure sul paio di cenni iperpolemici che il Cavaliere gli ha dedicato direttamente. Quando ha rilanciato la tesi di una presidenza della Repubblica impegnata solo a frenare lui, uomo del fare: un palazzo dove una «équipe di studiosi» (leggasi azzeccagarbugli) «aggredisce» ogni legge e «guarda tutte le singole parole per vedere se non ci sono profili di incostituzionalità », e dove il capo dello Stato, «dopo i suoi weekend operosi», magari concede la firma. Non basta: gli ultimi tre inquilini del Colle per lui «sono stati di sinistra e hanno messo alla Corte costituzionale dei loro amici», in maniera da rendere quell’organo indipendente un «organismo politico di sinistra». Queste cose Berlusconi le ha dette spesso, come in un refrain. Napolitano ha sempre reagito con nette e pubbliche censure, forse perché in quei casi a parlare era un premier in carica. Stavolta non lo è più.
Marzio Breda

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