I nostri insegnanti, lavorano di più guadagnano meno
Lo aveva già fatto contro il provvedimento sulla meritocrazia del ministro Profumo, riuscendo ad ottenerne il ritiro senza alzare polveroni. Questa volta però Bersani ha usato parole piuttosto forti, minacciando, per la prima volta, di non votare a favore del governo. Non è solo il clima delle primarie a suggerire al segretario dem di alzare i toni. Giungono infatti pressioni da molti deputati, dai responsabili scuola del partito ma anche dagli esponenti del governo, come il sottosegretario Rossi Doria, per fermare alcune misure che sembrano francamente ingiustificate. In questi ultimi anni, questo il succo del pensiero di molti esponenti democratici, il mondo della scuola ha già dato molto e ci si aspettava un’inversione di tendenza. Il governo Monti aveva promesso di rimettere al centro dei processi di crescita il sapere e l’istruzione ed invece nell’ultima l’ennesima manovra economica il governo chiede al Miur di tagliare di 183 milioni di euro il proprio bilancio. Per ottenere questo risparmio di spesa si chiede ai docenti di incrementare del 30% l’orario di lavoro a parità di salario. Le ore lavorate in più serviranno ad evitare di chiamare i supplenti. Ma il risparmio così ottenuto sarà però largamente superiore ai 183 milioni richiesti dal ministero dell’Economia, arrivando addirittura, secondo le stime dei sindacati e del Pd, ad 1 miliardo di euro l’anno. Un eccesso di zelo del ministro Profumo che vuole fare più e meglio di quanto richiesto dal governo. Una dieta strettissima che però rischia di rendere indigeste le carote destinate ai docenti e agli studenti italiani.
Il pressing sul governo ha già ottenuto i suoi frutti. Due norme che il Pd contestava, una sui docenti inidonei obbligati a diventare personale tecnico o amministrativo e l’altra sulle nuove certificazioni richieste per gli studenti disabili, sono sparite dalla bozza di decreto. Una parziale vittoria ma ora il Pd si appresta, sul piede di guerra, a contrastare con ogni mezzo l’aumento di orario per i docenti.
Solo questa settimana si saprà se nella commissione Bilancio della Camera si riuscirà a trovare una nuova copertura ai tagli proposti dal governo. Bersani ha dichiarato più volte che i saldi dovranno rimanere invariati e la prima proposta del Pd è di spostare quel taglio dal capitolo di bilancio destinato all’istruzione a quello destinato alla difesa. In alternativa si possono trovare fonti di risparmio anche all’interno del bilancio della scuola ma questo lavoro deve essere fatto in maniera mirata. Una delle proposte del Pd è l’adozione del software open source (gratuito e senza costi di licenza) nei computer delle scuole. Questa misura potrebbe portare ad un risparmio di un centinaio di milioni di euro.
Ma è la situazione generale dei docenti italiani, sempre più a rischio impoverimento, a preoccupare il Pd. Se il titolo di Professore era prima un vanto, oggi sembra quasi uno stigma. I docenti italiani già lavorano più ore dei loro colleghi europei sia nella scuola primaria (22 ore settimanali contro 19,6 di media) che nella secondaria superiore (18 contro 16,3). Gli stipendi invece rimangono al palo. Il loro potere d’acquisto, secondo Eurydice, la banca dati europea sulla scuola, è calato leggermente a partire dal 2010 ma il rischio grosso è che, a seguito delle misure di austerity, siano loro i più toccati dai tagli. Sedici Paesi Ue hanno già congelato o addirittura ridotto gli stipendi per i docenti. Gli insegnanti di Irlanda, Grecia, Spagna, Portogallo sono stati i più colpiti. Il rischio è che i prossimi siano proprio gli italiani. Con ieri il Pd ha forse voluto lanciare il segnale d’allarme prima che sia troppo tardi.
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