I conti del Fmi sull’Italia: persi 235 miliardi di investimenti
BRUXELLES — Il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi teme per la zona euro «rischi di indicatori macroeconomici al ribasso» e «una attività economica debole nel breve termine con ripresa solo molto graduale successivamente». Intervenendo nell’Europarlamento di Bruxelles, Draghi ha aggiunto che le previsioni della sua Bce non sono molto diverse da quelle diffuse dal Fondo monetario internazionale, che ha rivisto al ribasso le stime di crescita mondiale a +3,3% (il dato peggiore dal 2009) e ha espresso preoccupazioni per l’eurozona, dove dal -0,4% nel 2012 si dovrebbe passare solo a un + 0,2% nel 2013. Il Fmi segnala che tra giugno 2011 e giugno 2012 si è verificata una fuga di capitali dai Paesi più in difficoltà — a causa della crisi del debito sovrano — pari a 235 miliardi dall’Italia (il 15% del Pil 2011) e di 296 miliardi dalla Spagna (il 27% del Pil).
Il Fondo ha espresso giudizi positivi su alcune riforme del governo Monti. Ma prevede il debito pubblico italiano in crescita quest’anno (126,3%) e nel 2013 (127,8%), la recessione aggravarsi nel 2012 (-2,3 %) e continuare nel 2013 (-0,7%), la disoccupazione salire al 10,6% nel 2012 e all’11,1% nel 2013 (dall’8,4% del 2011). Il deficit pubblico resterebbe contenuto al 2,3% quest’anno e all’1,8% nel 2013. Per il Fmi l’Italia sconta «l’allargarsi del divario tra i tassi d’interesse reale del debito pubblico e il tasso di crescita reale del Pil».
Nuove risorse potrebbero arrivare dalla tassa sulle transazioni finanziarie. Nell’Ecofin a Lussemburgo l’Italia ha detto sì all’introduzione della «Tobin tax», che Francia e Germania hanno proposto inizialmente solo per i Paesi favorevoli (con il meccanismo della «cooperazione rafforzata»). Dopo l’adesione di Austria, Belgio, Portogallo, Grecia, Slovenia ed Estonia, il governo di Roma ha consentito di arrivare al minimo di nove Paesi (poi si sono aggiunte Spagna e Slovacchia).
Draghi ha segnalato agli eurodeputati anche «ragioni per essere fiduciosi» sul futuro dell’eurozona, soprattutto se i governi «continueranno ad applicare con determinazione le misure concordate» come le «riforme macroeconomiche e strutturali in grado di assicurare la competitività e la sostenibilità delle finanze pubbliche». Ha esortato a proseguire con gli interventi «per assicurare un sistema finanziario resistente e funzionante». Ha ammesso che il rallentamento dell’economia globale può colpire il sistema bancario, mentre «riattivare pienamente la fornitura di credito è cruciale per la ripresa».
Draghi ha sollecitato di iniziare dal gennaio prossimo il processo di centralizzazione della supervisione bancaria nella sua istituzione di Francoforte. Questa accelerazione sarebbe importante perché Germania, Finlandia e Olanda hanno condizionato i finanziamenti diretti del neonato fondo salva Stati (Esm), per ricapitalizzare le banche in difficoltà , a quando la Bce sarà in grado di garantire la loro solidità e capacità di restituire i prestiti.
Alcune eurodeputate hanno contestato l’assenza di una donna nel board della Bce, che ha portato l’Europarlamento a congelare la nomina del membro mancante. È stata poi ribadita la necessità di rendere note le minute delle riunioni decisionali per garantire maggiore trasparenza. Dubbi sono stati avanzati sul forte aumento del costo previsto per la costruzione della nuova Eurotower di Francoforte. Draghi ha replicato con misura lanciando aperture soprattutto sulle «quote rosa».
Ivo Caizzi
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