Guerriglia tour in gita con i maoisti sui monti del Nepal

by Sergio Segio | 5 Ottobre 2012 6:37

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BANGKOK. La storia ormai insegna che dopo una guerra o un terribile evento, i luoghi di dolore e morte diventano prima o poi delle mete turistiche. È successo dopo la seconda guerra mondiale nei Lager nazisti, nella Cambogia dei due milioni di vittime del sanguinario Pol Pot, a Ground Zero, nel Vietnam disseminato di crateri delle bombe americane e di villaggi dei bambini ancora oggi deformati dall’Agente Orange.
Ma succede anche nell’ex Regno del Nepal dove le stragi, le rappresaglie, le torture e le violazioni su entrambi i fronti, quello ultracomunista maoista e dell’esercito governativo, sono finite appena 6 anni fa, con un bilancio di 15 mila morti, duemila desaparecidos, centomila profughi, un’economia in ginocchio.
Il “guerrilla trek”, il percorso della guerriglia, è stato promosso i questi giorni proprio come mezzo per fare soldi e sostenere l’economia post-bellica, anche se l’idea non è di un agente di viaggio particolarmente spregiudicato, ma del responsabile in persona della rivolta armata durata per 10 anni fino al 2006. Il compagno Puspa Kamal Dahal, nome di battaglia Prachanda, già  capo dell’Esercito
del Popolo, del partito ultracomunista maoista e primo ministro dopo la sconfitta delle forze realiste e l’abolizione della monarchia, ha presentato il suo progetto assieme all’editore (americano) di una mappa e di una Guida del trekking guerrigliero. Oggi infatti Prachanda, dopo aver riconsegnato come i suoi compagni l’AK47 e appeso al chiodo l’uniforme mimetica, gira con un doppiopetto impeccabile facendo, tra l’altro, il consulente d’affarima«colsensodelloStato». Il suo obiettivo è quello di far dimenticare la guerra ricordandola. «Tutti sappiamo — ha detto alla presentazione del trekking presso ilocalidell’Entedelturismonepalese a Kathmandu — che il Nepal ha visto grandi sconvolgimenti politici, e la rivoluzione popolare non sarà  di nessun valore se il paese non vivrà  una trasformazione economica». Una trasformazione in grado di riciclare come fonte di introito perfino uno dei capitoli più neri della storia dell’Asia. Il progetto prevede di portare in giro per un tour di 13 giorni o 4 settimane occidentali e asiatici disposti aripercorrereiluoghidiunOlocausto del quale è stato ancora scritto poco, lungo sentieri ancora remoti e costellati di tracce della guerra che scorrono paralleli ai percorsi dell’Annapurna e dell’Everest battuti da pellegrini, alpinisti
e amanti della montagna.
Non è una novità , visto che alcuni tratti del sentiero di sangue sono già  stati aperti, dal più breve di 45 minuti tra Khara, Khawla e
Jhimkhani, al trek di 4 ore tra Jhimkhani e Jhulnetta (dove maoisti e soldati commisero alcune delle atrocità  più terribili della storia), o le 5 ore da Kakri, Riga
a Tuksara. Ma stavolta si tratta di un percorso a tappe studiato a tavolino per far coincidere l’inizio del trekking con la visita al territorio- cuore della “rivolta”, nel
distretto di Rukum, «la terra dei 52 laghi e delle 53 colline», un’area quasi inaccessibile del Nepal centro occidentale diventata la base delle spedizioni contro le
forze dell’esercito del re e dell’espansione maoista.
Partendo da Rukum e Rolpa, trail‘96eil2006,quasil’80percento dei distretti dell’ex regno sono stati conquistati da una guerriglia che reclutava, forzatamente o meno, tra i figli di contadini, etnie e tribù come i Kham, esasperate dallo stato di abbandono e dall’isolamento, e oggi in prima fila tra i possibili beneficiari dei tour di una memoria ancora troppo fresca per chiamarsi storia. Le guide mostreranno agli ospiti le trincee dove gli uomini di Prachanda divennero sempre più addestrati (e spietati), mentre i villaggi subivano crescenti incursioni da parte sia dei maoisti che dei governativi sospettosi di ogni famiglia, con fosse comuni, orfani e lutti come in tutte le guerre.
In questi villaggi che furono per dieci anni tagliati fuori dal mondo, molti dei testimoni e i familiari delle vittime di inaudite atrocità  sono ancora vivi, e secondo alcuni critici del progetto turistico, le ferite sono ancora troppo fresche per rimarginarsi al punto da permettere loro di parlarne apertamente con un turista armato di
macchina fotografica e guida maoista locale. Di certo non ne saranno entusiaste le famiglie di Mukti Nath Adhikari e Maina Sunwar, due dei numerosi delitti di innocenti rimasti impuniti. Il primo era un insegnante e fu appeso a un albero con le mani legate dietro la schiena nel distretto di Lamjung, 100 km a sud-est di Kathmandu, dopo essere stato rapito dai maoisti contrari alle scuole pubbliche del governo. Il secondo fu torturato e ucciso per sospetto filo-maoismo da una squadra segreta dell’esercito nella sua casa di Pachhakhal nel 2005.
Ma le polemiche e le possibili contestazioni alla ricostruzione “romantica” delle gesta dei guerriglieri, non toccano più di tanto l’ex comandante-imprenditore. Il trekking, ha detto, «ha la potenzialità  di diventare un prodotto del turismo di Guerra simile a quello in Vietnam, Russia e Cina». “Seducente”, lo ha definito il suo socio americano Alonzo Lyons, secondo il quale la bellezza selvaggia dei villaggi dei superstiti offre un itinerario attraverso “molte culture diverse” lungo un percorso ”che toglie il respiro”, come ha detto. Di certo, un effetto possibile non solo per gli scenari, ma anche per le storie di violenza raccontate eventualmente dai protagonisti.

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