Guerra al confine tra Siria e Turchia

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UN’AUTOBOMBA esplosa ieri all’ingresso del quartier generale della polizia di Damasco accende un nuovo cerino nella polveriera siriana. Un morto, danni agli edifici e alle macchine: questo è il risultato dell’ennesimo attentato suicida avvenuto al tramonto, il giorno d’inizio della settimana nella capitale ingorgata di traffico. In serata non erano ancora arrivate rivendicazioni, nonostante Jabhat al-Nusra, un gruppo jihadista sunnita, si sia attribuito più volte le operazioni kamikaze in città , e la fazione qaedista siriana di Fatah Al-
Islam ad ash-Sham abbia reclamato la responsabilità  di un attacco contro la Brigata 591 dell’esercito a Damasco, la cattura di soldati e di pezzi dell’artiglieria contraerea.
Quanto sia instabile la situazione, col rischio crescente di degenerare in un conflitto regionale, è confermato per il quinto giorno consecutivo dai bombardamenti incrociati al confine fra Siria e Turchia. Un altro mortaio, sparato dal territorio siriano durante l’offensiva delle forze regolari attorno a Khirbet al-Jouz controllata dai ribelli, è piombato sopra un granaio vicino alla cittadina turca di Akcakale. È lo stesso luogo col-
pito mercoledì scorso da un ordigno finito fuori traiettoria, e che ha ucciso cinque donne. Le schegge del mortaio, una delle armi più imprecise in dotazione sia dell’esercito sia dei ribelli, stavolta hanno fatto pochi guasti ma provocato la risposta delle forze turche, con otto colpi di artiglieria.
S’intensifica la tensione al confine mentre il premier turco Erdogan tenta un delicato equilibrio fra il principio della deterrenza militare e l’escalation di un conflitto. Già  il parlamento di Ankara ha autorizzato raid oltre la frontiera: una misura senza precedenti nei rapporti fra i due Paesi un tempo alleati.
Nemmeno si smorza la battaglia ad Aleppo devastata dopo due mesi di scontri: si combatte in due quartieri controllati dagli insorti, Bab al-Hadid e Shaar, martellati dalle forze aeree governative. Fra i civili sorgono nuovi comitati e segni di protesta contro gli eccessi dell’una e dell’altra parte. A Bistan el Qasr, s’è vista una rivolta popolare contro i jihadisti di Jabhet el Nasra con cartelli di “chi uccide la propria gente è un traditore, senza eccezioni” e slogan contro ogni “violenza sia di Stato sia degli estremisti”: “Ridateci la nostra rivoluzione”, grida la gente, esasperata.


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