by Sergio Segio | 25 Ottobre 2012 6:42
Ogni giorno 24 milioni di persone in Italia leggono in media un quotidiano. E tra il 2009 e il 2011 il numero di lettori di giornali online è salito da 4 a 6 milioni di utenti nel giorno medio. In Francia il 97% delle persone legge almeno un quotidiano o un periodico al giorno e 25 milioni di utenti consultano, ogni mese, un sito d’informazione. In Germania, infine, il 66% della popolazione sfoglia ogni giorno un quotidiano e il 39,5% naviga sulle versioni online degli stessi. Numeri ai quali non corrisponde altrettanto ottimismo se si guarda ai conti degli editori. Come mai? Le notizie, insomma, piacciono ma non pagano. In termini economici hanno un alto valore d’uso e un basso valore di scambio. O meglio, di quello scambio si avvantaggiano altri soggetti nati nell’era del digitale: motori di ricerca in primis. È partendo da questa tesi che gli editori italiani, francesi e tedeschi (Fieg, Ipg, Bdzv e Vdz) hanno deciso di fare fronte comune per giungere a una tutela del diritto d’autore ai tempi del Web. L’idea è di fare lobby nei tre Paesi per ottenere l’inserimento nei quadri normativi «di una disciplina che definisca un sistema di diritti di proprietà intellettuale — si legge nella nota congiunta delle quattro associazioni — idoneo a incoraggiare su Internet forme di cooperazione virtuosa tra i titolari di diritti sui contenuti editoriali e gli operatori dell’industria digitale (in primo luogo, i motori di ricerca)».
Al netto delle diplomazie in campo la questione ha già portato a qualche braccio di ferro. Solo pochi giorni fa si è consumato lo scontro tra il ministro della Cultura francese e Google in seguito alla volontà espressa di tassare i motori di ricerca e dunque la società di Mountain View. Il governo tedesco ha adottato a fine agosto un progetto di legge molto simile che obbliga i motori di ricerca a versare delle commissioni. Ma Google ha ribadito che una legge che tassi i motori di ricerca, in Germania come in Francia, sarebbe «molto dannosa per Internet» e porterebbe «a limitare l’accesso all’informazione».
Ora la palla passa al governo di Mario Monti che dovrà esprimere la propria posizione.
Massimo Sideri
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