by Sergio Segio | 15 Ottobre 2012 7:08
MILANO — Il Governatore dà l’ultimatum alla Lega, che «ha mostrato la sua anima inaffidabile e ribaltonista». «Se entro domani (oggi, ndr) non cambiano la loro posizione, mi assumo il compito istituzionale, che mi compete, di limitare al minimo la campagna elettorale e andare al voto al più presto».
Presidente Formigoni, cosa significa al più presto?
«Significa che do pochi giorni di tempo al consiglio regionale perché elimini il privilegio del listino bloccato, come chiedo a voce e per iscritto da molti mesi. Come secondo atto amministrativo voglio vedere cosa succede sulla chiusura del bilancio. Poi, si va al voto».
Perché questo ultimatum?
«Perché sei mesi di campagna elettorale per la Lombardia sono un fatto demenziale. Mi assumo la responsabilità di mettere fine a questa agonia che comporterebbe blocchi, polemiche, intralci di ogni genere».
Tutto deciso, quindi?
«Dipende dalla risposta che avrò dalla Lega nelle prossime 24 ore. Giovedì scorso, il segretario Roberto Maroni aveva spiegato che, dopo aver ottenuto l’azzeramento della giunta regionale, aveva il dovere di andare avanti. Sabato ha detto che bisogna votare ad aprile: se questa resta la loro linea, ripeto, è inutile aspettare la primavera».
Si sente tradito dal segretario Maroni? Dalla Lega?
«Sono più che altro allibito. Giovedì ci siamo parlati in tre: io, Alfano e Maroni. Abbiamo concordato la strategia, siamo andati davanti alle telecamere, ci siamo stretti la mano: e poi? Sono allibito e sconcertato: si conferma l’anima della Lega inaffidabile e ribaltonista».
Come giudica questa idea che hanno lanciato delle primarie?
«Se è così, vuol dire che hanno proprio deciso di andare da soli. Non mi resta che augurare loro un buon cammino. Ma non credo andranno molto lontano».
Dopo le dimissioni, lei cosa farà ?
«Io sarò in campo. Non è necessario essere candidato: farò la campagna elettorale con un ruolo da definire, perché a me interessa rivendicare l’eccellenza del buon governo e della buona politica di questi 17 anni e offrire una proposta ai lombardi».
Se si va al voto in Lombardia, crede che ci saranno ripercussioni su Piemonte e Veneto?
«Lo ha detto il segretario del Pdl veneto, Alberto Giorgetti: “Se cade la Lombardia, si vota anche qui”. La scelta spetta al partito e io non metto becco nelle vicende delle altre regioni. Ma faccio notare che Lombardia, Piemonte e Veneto sono figlie dello stesso patto».
Il Pdl condivide la sua linea?
«Alfano dice le stesse cose che dico io perché le abbiamo condivise: non ha senso prolungare un’agonia. Siamo in totale sintonia con i vertici del partito e ancora questa mattina (ieri, ndr) mi sono sentito con Berlusconi, Alfano, La Russa e Mantovani, ripetendoci le stesse cose. Siamo compatti».
Non crede ci sia stato un patto fra Alfano e Maroni?
«Giovedì a Roma ho visto come Alfano ha lavorato al mio fianco e a mio sostegno e ho anche postato un tweet scrivendo Abbiamo un segretario».
E i suoi amici ciellini? Il movimento la sostiene?
«Più di quello che c’è stato a Rimini cosa posso chiedere? Ho avuto applausi e affetto. Questa è la realtà , il resto sono dietrologie false. Il popolo di Comunione e Liberazione non mi ha mai lasciato solo: certo, posso avere compiuto errori e so di avere un caratteraccio: ma non ho mai fatto nulla contro la legge, e non ho commesso reati».
Però l’inchiesta che coinvolge il faccendiere Daccò la chiama in causa e le ricevute delle vacanze ai Caraibi non si sono ancora viste.
«Ripeto quello che sto dicendo da mesi: non ho ricevuto nessun vantaggio da Daccò e Daccò non ha ricevuto nessun vantaggio da me. La sentenza del processo sul San Raffaele, che tra parentesi giudico abnorme per Daccò, ha dimostrato l’assoluta estraneità mia e della Regione. Aggiungo sommessamente, senza voler interferire nel lavoro della magistratura, che anche la vicenda Maugeri segue la stessa logica».
Domani sera (oggi, ndr) ci sarà una manifestazione fuori dal Palazzo Lombardia per chiedere le sue dimissioni: preoccupato?
«L’opposizione è libera di fare quello che vuole. A quella organizzata dopo l’arresto di Zambetti c’erano una cinquantina di persone: può essere che qui ne arrivino di più, del resto anche nell’anno in cui sono stato eletto con il record del 63 per cento dei consensi, più di 2 milioni di lombardi hanno votato contro di me. È la democrazia, no?».
Lei è molto impegnato per Expo, come ha dimostrato negli interventi all’International Participants Meeting che si è appena concluso. Dopo le dimissioni, manterrà l’incarico di commissario generale?
«Fino all’insediamento del nuovo governo regionale, resto presidente a tutti gli effetti. La nomina di commissario generale di Expo è stata fatta sulla persona, non sulla carica: tuttavia, mi prenderò poi del tempo per riflettere e decidere».
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