Formigoni all’attacco sull’inchiesta «Accanimento su Daccò e Simone»
MILANO — «Nemmeno ai tempi di Mani Pulite». Roberto Formigoni ci pensa su e poi riprende: «Mi sembra un accanimento abnorme nei confronti di due persone, Daccò e Simone, a cui è stato inflitto un periodo di carcerazione preventiva che non ha precedenti in Italia. Neppure all’epoca di Tangentopoli una persona era stata tenuta in carcere per un periodo di tempo così lungo».
Secondo i pm Laura Pedio, Gaetano Ruta e Antonio Pastore, Pierangelo Daccò e Antonio Simone potrebbero ancora «influenzare illecitamente» Regione Lombardia. Per questo la Procura di Milano ha chiesto, come anticipato dal Corriere, la proroga dei termini per la custodia cautelare. Niente giudizio immediato. E nemmeno la chiusura ordinaria dell’inchiesta: né per i presunti corruttori in carcere (Daccò e Simone) né per il presunto corrotto (Formigoni).
Altri tre mesi d’indagini, allora. Il presidente lombardo commenta la notizia per passare all’attacco. In piazza San Babila, pienissimo centro di Milano, il Pdl regionale ha organizzato un gazebo per spiegare ai passanti che «la Lombardia non è il Lazio». Poca gente. Pochissima. Il Celeste è circondato solo da un pugno di consiglieri e militanti. I big di partito sono lontani. Si parla del ritorno in campo di Berlusconi, di costi della politica e della provocazione lanciata dal suo assessore ai Trasporti, Raffaele Cattaneo, sulle indennità dei politici. I veri bersagli diventano però la Procura e l’uso sistematico della carcerazione preventiva. «Si era parlato di prove evidenti già raccolte per cui si poteva andare al processo immediato, dove è finito questo processo immediato? Adesso non c’è più nemmeno il processo in termini normali. Adesso chiedono ulteriori tempi per andare alla ricerca di prove che evidentemente non hanno e sperare di raccoglierle non si sa dove».
Nelle carte della Procura, notificate nelle scorse ore ai difensori, si muovono però accuse assai pesanti. Specie laddove si definisce l’attualità del potere di influenza e di ricatto su Formigoni che il rapporto di «complicità » attribuirebbe ancora adesso al tandem Daccò e Simone. Oppure quando si prende a disegnare un’attività di «associazione a delinquere».
Sul primo punto la reazione del governatore è sprezzante: «Dipingere un presidente Formigoni condizionabile… a me non mi ha mai condizionato nessuno». Il presidente lombardo si sforza di valutare la questione, che pure lo interessa direttamente, come un fatto freddamente politico. La chiave di lettura non può non diventare allora il cattivo funzionamento della giustizia italiana. «Lo sa — aggiunge poco dopo — che il 42 per cento dei detenuti si trova in carcere in attesa di giudizio?».
Proprio nei giorni scorsi Formigoni s’era sottoposto a un tour presso i più popolari talk show politici. Ballarò, Porta a Porta, Otto e mezzo. E poi dirette su Sky e interviste alle radio. A ogni ospitata la stessa versione: «Le accuse contro di me sono false, quindi io non mi dimetto. La Procura di Milano ha tenuti accesi su di me non i riflettori, ma 10 sistemi solari. Per 11 volte in 17 anni ho subito processi e per 11 volte sono stato proclamato innocente».
Il centrosinistra del Pirellone però torna ora all’attacco. «Secondo la magistratura, Formigoni è un burattino nelle mani dei faccendieri — accusa il capogruppo del Pd Luca Gaffuri — ed è la ragione per cui gli inquirenti hanno chiesto di utilizzare una procedura straordinaria nei confronti dei suoi coimputati. Tutto questo offre un’immagine di una Regione che non è più credibile nella gestione della sanità , che vale il 78% del suo bilancio. Se Pdl e Lega avessero a cuore l’onorabilità dell’istituzione avrebbero già fatto fare a Formigoni un passo indietro, ma così evidentemente non è».
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