Export e reti, un decreto per le piccole imprese

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ROMA — «E adesso tocca alle piccole e medie imprese». A sollecitare l’attenzione del governo su quello che è il vero tessuto imprenditoriale del nostro Paese è il garante per le Pmi, Giuseppe Tripoli, che fornisce una propria lettura del decreto sulla Crescita, appena varato dal governo. «Quest’ultimo provvedimento si concentra principalmente su Agenda digitale e start up — osserva — ma ci sono tanti altri temi che le associazioni che rappresentano le Pmi sollecitano da tempo: semplificazioni burocratiche in tema di autorizzazioni ambientali e paesaggistiche, facilitazioni per la costituzione di “reti di imprese” che vogliano partecipare alle gare pubbliche in modo aggregato, sostegno all’export e al commercio elettronico. Ma soprattutto un aiuto per ottenere dalle banche finanziamenti per nuove iniziative che ormai languono».
Molte di queste problematiche sono state già  ampiamente sviscerate in numerosi incontri presso il ministero dello Sviluppo economico. I toni non proprio entusiastici con cui organizzazioni come Confindustria e Rete imprese Italia hanno accolto il varo del decreto «Crescita 2.0» forse si spiegano con la delusione di non vedere recepite nel testo alcune di queste istanze. In realtà  già  la prossima settimana il governo si appresta a approvare un provvedimento sulle Semplificazioni che dovrebbe recepire alcune indicazioni ma, secondo indiscrezioni, il ministero guidato da Corrado Passera, avrebbe in preparazione un ulteriore pacchetto di norme proprio rivolto alle Pmi.
Intanto emergono maggiori particolari sul decreto «Crescita 2.0», in particolare circa i costi delle singole misure. Leggendo la relazione illustrativa e quella tecnica, si scopre che dalla stragrande maggioranza delle norme «non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica» oppure «minori entrate per l’Erario». Tra le eccezioni, la nuova carta d’identità  elettronica gratuita, per cui «si prevede la necessità  di uno stanziamento iniziale di 30 milioni di euro e un finanziamento a regime (a decorrere dal 2014) di circa 82 milioni di euro all’anno. Mentre per l’anagrafe unica elettronica il costo è di 15 milioni per il 2012 e 2013 e 3 a partire dal 2014. Per colmare il «divario digitale» le risorse individuate ammontano a 150 milioni, mentre per la giustizia digitale ne occorrono 1,3 milioni quest’anno e 1,5 l’anno prossimo.
Per la definizione e lo sviluppo di grandi progetti strategici connessi alla realizzazione dell’Agenda digitale, selezionati sulla base di manifestazioni di interesse sollecitate dall’Agenzia per l’Italia digitale, c’è un tesoretto di 240 milioni. Mentre per favorire le start up, le previste agevolazioni comporteranno minori entrate per 25 milioni. Nella relazione tecnica al decreto a copertura di tale norma è posta una quota delle risorse prelevate dalle tariffe dell’energia elettrica e del gas, raccolte annualmente presso la Cassa conguaglio per il settore elettrico, per un ammontare stimato di circa cento milioni l’anno. Alla fine del 2012 saranno disponibili circa 129 milioni. Una cifra «già  sufficiente a coprire le previsioni di fabbisogno nel triennio 2013-2015» e che dunque «non comporterà  un aggravio delle tariffe dell’energia elettrica e del gas».
Antonella Baccaro


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