Due pallottole per Malala l’adolescente pachistana che ha sfidato i Taliban
UNA ragazza che non obbedisce, che non assume un atteggiamento modesto davanti agli uomini, che pretende addirittura il rispetto. Inaccettabile per i Taliban: per quelli afgani, ma anche per l’ala pachistana radicata nella valle dello Swat, nell’ex provincia di Nord-Ovest, ribattezzata nel 21010 Khyber-terra dei Pashtun. Così un gruppo di “studenti coranici” d’oltre confine ha deciso che Malala Yousufzai andava fatta tacere.
Per gli integralisti questa quattordicenne, cocciuta nel difendere il diritto alla scuola delle ragazze, indisponente nel sottolinearlo davanti alla comunità internazionale, era una spina nell’occhio. Per la loro visione, era inaccettabile l’idea di accogliere nelle aule chi è destinato solo a servire, con gli occhi bassi. Chi è prezioso solo come ricompensa vivente per dispute tribali, come la giustizia locale continua a disporre nelle zone rurali del Pakistan, nonostante le sentenze della Corte suprema di
Islamabad.
Malala aveva finito di seguire le lezioni, nella città di Mingora. Era appena salita sul bus che doveva riportarla a casa, quando un uomo con la barba ha fermato l’autobus degli scolari e ha chiesto quale delle studentesse fosse l’attivista tanto detestata. Secondo il racconto di Rasool Shah, capo della polizia locale, dopo un momento di esitazione una ragazza ha risposto, indicando la giovane attivista. Quest’ultima, spaventata, ha negato di essere lei Malala. Il Talib, nell’incertezza, ha aperto il fuoco su entrambe. La Yousufzai è rimasta ferita gravemente, raggiunta dalle pallottole una volta in testa e una nel collo: è stata subito trasportata in elicottero nell’ospedale di Peshawar, ma non è in pericolo di vita, così come l’altra ragazza colpita.
I Taliban hanno rivendicato l’attacco: «Dobbiamo mettere fine a quest’oscenità », ha detto il portavoce del gruppo locale Ahsanullah Ahsan, riferendosi all’attivismo della ragazza. Malala è un simbolo per la sua regione: già da quando aveva undici anni la ragazza aveva cominciato a pubblicare un blog nel sito in urdu della Bbc, raccontando sotto pseudonimo le condizioni di vita sotto i Taliban.
Nel 2009 la valle dello Swat, roccaforte integralista, è ritornata sotto il controllo del governo pachistano. La ragazza si è svelata pubblicamente, partecipando ad assemblee giovanili sostenute dall’Unicef e ribadendo le sue idee sul diritto delle donne di frequentare le scuole senza timore di vedersi gettare dell’acido sul viso. L’anno scorso il suo lavoro aveva attirato l’attenzione di tutto il mondo e Malala era stata candidata al Premio internazionale dei bambini per la pace. E ora, l’agguato. «Vogliono far tacere il coraggio con le pallottole», dice Kamila Hayat, della Commissione pachistana Diritti umani, «sono forze che vogliono farci tornare ai tempi oscuri». Quelli in cui le donne non erano autorizzate ad alzare lo sguardo.
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