Draghi si spiega al Bundestag
PARIGI. Il Fiscal Compact e la «regola aurea» dovevano servire – ufficialmente – a ridurre il debito pubblico, che «toglie sovranità » agli stati e li mette in mano alla finanza internazionale. Purtroppo, l’obiettivo è stato mancato. I dati di Eurostat confermano un aumento generalizzato (con la sola eccezione della Gran Bretagna) del debito pubblico nella zona euro e nella Ue a 27 nel secondo trimestre di quest’anno. L’area euro ha un debito di 8517 miliardi (salito in tre mesi dall’88,2% del pil al 90%), i 27 sono a 10840 (dall’81,4% all’84,9% in tre mesi).
Il paese più virtuoso è l’Estonia, con un debito del solo 7,3%, seguito da Bulgaria (16,5%) e Lussemburgo (20,9%). La Spagna, che all’inizio della crisi aveva un debito molto basso, ora è al 76% (era al 72,9% da gennaio a marzo). La Germania è il principale debitore in termini assoluti, con 2169 miliardi, l’82,8% del pil (era l’81% all’inizio dell’anno), ma Berlino si finanzia con tassi negativi, che riguardano, anche se in misura inferiore, per il momento anche la Francia, che ha un debito di 1833 miliardi, pari al 91% del pil (è salita dall’89,1%). Unica eccezione è la Gran Bretagna che è riuscita a far calare leggermente l’indebitamento dall’86,1% all’86% nel secondo trimestre.
Questa situazione non scuote Mario Draghi, presidente della Bce, che però ammette «una disoccupazione deplorevolmente alta» e una prospettiva di «economia debole a breve termine» nella zona euro.
In missione a Berlino, per convincere gli scettici del Bundestag attenti ai dubbi della Bundesbank sul programma di acquisto di Bond da parte della banca centrale, Draghi ha assicurato che «l’intervento sui debiti pubblici non porterà a finanziamenti surrettizi», perché sono stati «predisposti interventi per evitarlo». Draghi ha ricordato che il programma, approvato da Merkel, riguarda acquisti di Bond solo sui mercati e non direttamente dai governi. I programmi di aggiustamento, poi, sono la garanzia dell’indipendenza della Bce.
I programmi di aggiustamento stanno soffocando la Grecia, al punto che persino la troika (Bce, Fmi, Commissione Ue) sembra rassegnata a concedere ad Atene due anni di più per ricondurre il deficit di bilancio sotto il 3%. La data-limite sarà il 2016 e non più il 2014. La Grecia ottiene un po’ di respiro sui tempi, come già è stato concesso (un anno in più) a Spagna e Portogallo. All’Eurogruppo del 12 novembre, la troika potrebbe così sbloccare la tranche di 31,5 miliardi del programma di aiuti per evitare il default del paese. Ma due anni di più di tempo per Atene significano altri soldi da versare ad Atene da parte dei partner: mancherebbero tra i 15 e i 18 miliardi di euro.
Merkel deve fare approvare al Bundestag questo nuovo intervento. Alla Grecia viene imposto, in contropartita, di proseguire nel programma di aggiustamento: riforma del mercato del lavoro, tagli alle pensioni, privatizzazioni, riforma del mercato dell’energia. I tagli dovranno essere dell’ordine di 13,5 miliardi per il 2013-14.
Intanto, è la Commissione a chiedere soldi. Mancano 9 miliardi per chiudere il bilancio 2012, per finanziare fondi regionali, agricoli, ricerca e anche Erasmus (che ha un buco di 90 milioni). Lo scontro si annuncia feroce per il bilancio 2013: la Commissione ha chiesto un aumento del 6,8% sul bilancio di 219,1 miliardi del 2012. Ma gli stati, soprattutto i contributori netti (tra cui Germania, Francia, Italia, Gran Bretagna), non vogliono andare al di là del 2,7%. Il parlamento europeo è schierato con la Commissione e ha appena bocciato un taglio di 5 miliardi deciso dal Consiglio la scorsa estate. Londra vuole approfittare della trattativa per ridurre ancora il contributo britannico.
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