Detrazioni, Iva e liquidazioni Ecco le possibili modifiche
ROMA — Vale 1,9 miliardi solo per il 2013 il taglio delle deduzioni e detrazioni previsto dalla legge di Stabilità con effetto retroattivo, quindi già da quest’anno, su cui hanno messo gli occhi i partiti della maggioranza. È questa al momento la misura a più alto rischio di cancellazione poiché entrata nel mirino sia del Pdl che del Pd.
Più precisamente la relazione tecnica spiega che la franchigia pari a 250 euro per ciascuna spesa, da applicare ai redditi superiori a 15 mila euro, determina un introito per lo Stato di 1,6 miliardi. Mentre il tetto di 3 mila euro alle detrazioni vale circa 300 milioni, una cifra che va di poco incrementata se si aggiunge il gettito derivante dalle addizionali regionali e comunali che vanno applicate. Cancellare il prelievo sulle pensioni di guerra, altra misura considerata odiosa da entrambi gli schieramenti, costa per il 2013 circa 196 milioni. Quanto al ripristino della clausola di salvaguardia sul Tfr, vale 170 milioni l’anno. L’intero pacchetto, se venisse smontato, comporterebbe un minor gettito di poco più di due miliardi di euro l’anno prossimo, 1,3 miliardi nel 2014 e nel 2015.
C’è poi chi, come il segretario confederale della Uil, Domenico Proietti, pensa che sarebbe meglio «destinare le risorse utilizzate per diminuire la prima e la seconda aliquota Irpef all’aumento delle detrazioni dei redditi da lavoro e da pensione». Ma quanto vale il taglio delle aliquote previsto dalla legge di Stabilità ? Anche qui la relazione tecnica offre il dettaglio: la perdita di gettito cui il governo ha deciso di sottoporsi facendo calare le aliquote più basse vale per il 2013, comprese le addizionali regionali e comunali e la tassazione sul Trattamento di fine rapporto, circa 4,2 miliardi nel 2013, che diventano 6,6 nel 2014 e 5,9 nel 2015.
Quanto al taglio dell’Iva per sei mesi, a partire dal luglio 2013, il minor gettito è di 3,3 miliardi. Nel complesso, dunque, il grosso dei tagli fiscali predisposti dal governo (Irpef+Iva) ha un valore per l’anno prossimo di 7,5 miliardi, cui va aggiunto quello che il governo ha riservato all’aumento della detassazione di produttività : 1,2 miliardi per il 2013 (400 nel 2014). Il totale delle entrate che il governo ha deciso di non incassare è dunque di 8,7 miliardi.
A fronte di questa cifra il ministro del Tesoro, Vittorio Grilli, ha dichiarato che la tassazione sugli italiani è complessivamente diminuita. Il ministro ha infatti conteggiato maggiori entrate per 6,3 miliardi facendovi rientrare le agevolazioni di cui abbiamo già detto, l’imposta sulle transazioni finanziarie (un miliardo), la stabilizzazione dell’incremento delle accise sul carburante (1,1 miliardi), l’aumento degli acconti sulle riserve assicurative (623 milioni), le riduzioni sulle auto aziendali (412 milioni) e la razionalizzazione degli enti previdenziali. Il bilancio finale tra maggiori introiti (6,3) e minori entrate (8,7) risulta così in deficit per lo Stato di 2,3 miliardi, che è quanto sostiene Grilli.
Un ragionamento ineccepibile, cui però la maggioranza ne contrappone un altro, che si basa sul mancato taglio dell’altro punto dell’Iva che era stato promesso e che il governo ha cancellato, del valore di altri 3,3 miliardi. Chi ragiona in questo modo aggiunge quei 3,3 miliardi di mancati tagli alle maggiori entrate incassate dallo Stato, totalizzando 9,6 miliardi, una cifra che supera il valore dei tagli fiscali realmente operati, cioè 8,7 miliardi.
Di questo si parlerà la prossima settimana in commissione Bilancio alla Camera, dove Grilli sarà ascoltato martedì. «Tra le altre cose, vorremmo rivedere il taglio da 700 milioni alla scuola» avverte Pier Paolo Baretta, relatore del Pd. «Per noi la diminuzione delle tasse è possibile se si mette mano a una severa spending review e al piano di dismissioni» suggerisce Luigi Casero per il Pdl.
Antonella Baccaro
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