by Sergio Segio | 1 Ottobre 2012 5:11
Il passaggio di consegne, nel novembre 2011, tra il governo Berlusconi e il governo Monti ha portato alla nomina di un «ministro dedicato», sia pure «senza portafoglio», nella persona di Andrea Riccardi, come chiaro segnale di voler cambiare le cose. Riccardi oggi dice: «Il mondo è molto cambiato e sempre più interdipendente. L’Italia avrà il suo posto nel nuovo ordine mondiale se parteciperà alla sua costruzione, di cui la cooperazione è un pilastro essenziale. La cooperazione, infatti, riguarda il futuro del pianeta e, quindi, quello dell’Italia».
Le linee guida del ministero degli Esteri indicano che aumenterà sempre di più il peso degli aiuti all’Africa subsahariana, cui sarà destinato fino al 2013 il 42 per cento del totale dei fondi ordinari, con 8 paesi prioritari (Senegal, Niger, Sudan, Kenya, Etiopia, Somalia, Eritrea, Mozambico). Mentre un nuovo accordo per la cooperazione è stato firmato due settimane fa con il Burkina Faso, con l’apertura in loco di un ufficio della Cooperazione. Ai Balcani, Mediterraneo e Medio Oriente, cioè alle aeree geografiche più vicine all’Italia, sarà globalmente destinato il 30 per cento delle risorse con otto Paesi prioritari (Albania, Serbia, Bosnia-Erzegovina, Egitto, Tunisia, Territori palestinesi, Libano, Iraq). All’America Latina e Caraibi sarà devoluto il 13 per cento del totale, con 5 nazioni in prima fila (Bolivia, Ecuador, El Salvador, Guatemala, Cuba). Ad Asia ed Oceania spetterà il 15 per cento del totale, con quattro poli prioritari (Afghanistan, Pakistan, Myanmar, Vietnam).
L’ultimo quinquennio ha fatto segnare un pesante arretramento dello stanziamento dei fondi (complice la crisi economica, che ha funzionato forse anche come alibi). La legge finanziaria per il 2009 aveva introdotto una riduzione del 56% per gli aiuti gestiti dal MAE (la Farnesina). Prendendo in considerazione il rapporto APS(Aiuto pubblico allo sviluppo)/PIL, l’Italia dal 2008 non ha mai superato il quart’ultimo posto nella classifica dei 23 Paesi membri del Comitato per l’aiuto allo sviluppo (DAC) dell’Ocse. Nel 2008 con lo 0,20% era terz’ultima, nel 2009 e nel 2010 si classificava penultima, rispettivamente con lo 0,16% e 0,15% (meno di quanto dato da Malta e Cipro). I dati provvisori del 2011 — pubblicati come quelli precedenti nell’Annuario di ActionAid 2012 — fanno arrivare l’Italia sempre al quart’ultimo posto con lo 0,19%. Ma sebbene si sia registrato un lieve incremento rispetto all’anno precedente — dallo 0,15% del rapporto APS/PIL allo 0,19% (cioè dai 2996,39 milioni di dollari del 2010 ai 4240,89 del 2011) — il nostro Paese continua a rimanere in fondo alla classifica dei donatori dell’Ocse.
Il dato espresso dalle statistiche internazionali è, tuttavia, persino controverso e in qualche modo contestato dalle Organizzazioni non governative europee. Visto che il 30% degli aiuti bilaterali nel 2011 è costituito da voci che non sono risorse «autentiche» ma derivano da interventi di emergenza per il sostegno ai rifugiati sul territorio italiano, erogati in occasione delle crisi successive alle primavere arabe. Inoltre, circa il 36% dell’aiuto italiano è imputabile alla conversione e alla cancellazione del debito dei Paesi in via di sviluppo. Un fatto è certo: nel 2011, la Cooperazione allo sviluppo gestita dal MAE ha pesato sul bilancio dello Stato per lo 0,025% (era lo 0,1% nel 2008), mentre tutto l’Aiuto pubblico allo sviluppo (APS) iscritto al bilancio ha raggiunto appena lo 0,28%, inclusi i trasferimenti obbligatori all’Unione europea. E tra il 2011 e il 2012 si è registrata, in termini assoluti, una riduzione di 206 milioni di euro sul bilancio complessivo del Ministero degli Esteri.
Purtroppo non si tratta solo di soldi. Dall’inizio della legislatura al momento il capitolo «Cooperazione allo sviluppo» è sceso al duecentoduesimo posto nella classifica di 1100 argomenti monitorati da Open polis, basata sul cosiddetto Impact factor (un indice che misura la rilevanza degli argomenti parlamentari attraverso l’attribuzione di un punteggio a tutti gli atti presentati da deputati e senatori in base al tema trattato) mentre è salita sul podio la triade «Economia», «Stato» e «Diritto». Dovremo/potremo fare di più? Risponde Riccardi: «Abbiamo l’ambizione di rimettere insieme tutti i soggetti interessati per fare sistema. Per troppo tempo ci siamo lasciati andare all’idea del declino come destino inevitabile. Da Milano, con il Forum che si apre stamane, vogliamo cominciare a invertire questa tendenza».
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