Cisl e Uil, basta poco per gioire «più cassa integrazione» e via
Melfi e Cassino in crisi, data l’assenza di nuovi modelli. Ma anche a Pomigliano ormai si trema La Fiat è in caduta libera in Italia e in Europa. Se il mercato continentale dell’automobile cade a settembre dell’11%, i marchi del Lingotto lasciano sull’asfalto addirittura il 18,5%. Si conferma un trend che va avanti da mesi, anzi da qualche anno. E’ un dato drammatico quanto logico e prevedibile: la Fiat non ha nuovi modelli e il meglio è alle spalle, si potrebbe dire, dato che Marchionne ha fatto sapere che gli investimenti riprenderanno soltanto quando la crisi sarà passata; cioè quando la concorrenza che investe oggi potrà presentarsi in modo aggressivo sui mercati con nuovi modelli, a differenza della pregiata ditta già torinese.
I 20 miliardi di investimenti promessi in cambio dei diritti degli operai alla catena di montaggio, semplicemente non esistono, non sono mai esistiti. Eppure quasi tutti erano stati convinti dal manager che guadagna 500 volte più dei suoi dipendenti. Così come erano una truffa le 5 mila riassunzioni «garantite» a Pomigliano alla nascita della nuova società senza diritti: ne sono stati scelti – è la parola giusta, alla nuova tuta hanno potuto accedere solo parte dei non sospettati di simpatie per la Fiom, come ha già sentenziato in prima istanza la magistratura e come potrebbe confermare in Appello nelle prossime ore – solo 2.150; e anche questi fortunati devono già fare i conti a fine mese con la cassa integrazione. Tutta colpa della crisi e dei mercati catatonici, dice Marchionne. Catatonici ma non ciechi, dato che la Fiat va peggio di tutti.
Con questi chiari di luna, ieri a Roma, lontano dalle linee di montaggio, i segretari confederali di Cisl e Uil e dei metalmeccanici Fim e Uilm hanno incontrato l’amministratore delegato della Fiat. Ne sono usciti felici come pasque perché Sergio Marchionne ha promesso – sì, promesso – che nessuno dei 4 stabilimenti automobilistici italiani verrà chiuso e non saranno annunciati esuberi: il mercato è cambiato, ha detto il segretario Fim, Giuseppe Farina, bisognerà rivedere il piano ma «sono assicurati prodotti e continuità produttiva».
Angeletti è contento: «è andata bene». E così Bonanni, che però aspetta di conoscere il nuovo piano di Marchionne. Certo, ribadiscono tutti i sindacalisti presenti all’incontro, bisognerà rivedere il piano industriale, gli investimenti e i modelli, ma a questo scopo l’allegra compagnia di giro si rivedrà a fine mese, questa volta a Torino, a margine del consiglio di amministrazione (di cui però Bonanni, Angeletti non fanno ancora parte).
Non dicono però, che le riassunzioni a Pomigliano sono passate in cavalleria, forse se ne sono dimenticati. Dicono che le vendite della Nuova Punto vanno decisamente male, tant’è che nell’incontro di ieri è stata annunciata nuova cassa integrazione a Melfi, dove i lavoratori resteranno a casa a novembre (dal 12 al 20 e ancora il 23, il 26 e il 30) e a dicembre (dal 3 al 10 e il 14). E anche per i dipendenti di Cassino sono stati annunciati pesanti blocchi della produzione negli ultimi due mesi dell’anno.
Se per la segretaria generale della Cgil, Susanna Camusso, le promesse di Marchionne e la soddisfazione degli altri sindacati sono solo «fantasia al potere», per il responsabile auto della Fiom le notizie che Fim e Uilm ritengono positive sono frutto soltanto di lontananza dai lavoratori e dai luoghi in cui le automobili si costruiscono: «Se invece di vedere di nascosto Marchionne, lontano dai lavoratori, Fim, Uilm e Fismic fossero andati a Mirafiori a fare le assemblee, saprebbero che da una decina di giorni agli Enti centrali è ripartita l’attività sul piccolo e grande suv, prodotti insufficienti a garantire da soli l’occupazione» nello stabilimento torinese. Prodotti, comunque, che andranno in produzione nel 2014. Nel frattempo, solo cassa integrazione per la maggior parte degli operai.
Dire che la Fiat non se ne andrà dall’Italia, come sostengono soddisfatti i segretari di Cisl e Uil, è forse un modo per rendere meno amara la sconfitta di chi, in nome dell’occupazione futura, ha firmato accordi e contratti separati con la Fiat che cancellano diritti essenziali e riportano i rapporti di forza a prima del ’69. La testa, la ricerca, gli investimenti sono già volati negli Stati Uniti mentre il comando della Fiat Industrial, in vista di una fusione con la Cnh peraltro osteggiata dai soci di minoranza della stessa Cnh) sta volando in Olanda, dove i pastrocchi finanziari sono più convenienti che in Italia.
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