by Sergio Segio | 1 Ottobre 2012 5:08
TORINO — Prima che sia troppo tardi. Roberto Cota sa che una volta alzato il coperchio, dalla pentola può uscire di tutto. Se il Piemonte non è mai stato innocente, come tutti sapevano e dicevano da anni, meglio prenderne atto senza aspettare le carte, e le comunicazioni dei pubblici ministeri, che ci metteranno mesi a incrociare scontrini e bonifici con l’attività dei consiglieri regionali.
Il governatore ha già chiesto ai gruppi che sorreggono la sua maggioranza gli stessi documenti che la Procura ha acquisito o chiesto di acquisire. Una specie di indagine interna che potrebbe portare alla pubblicazione delle carte più compromettenti. Sono in tanti a correre il rischio della gogna. Anche il grande accusatore, il deputato Pdl Roberto Rosso, che con le sue dichiarazioni ha dato il via all’inchiesta. Oggi sarà in tribunale a Vercelli, per reati contro la Pubblica amministrazione.
L’indagine della procura di Torino invece è conoscitiva, come hanno spiegato i magistrati. Dietro a questa definizione c’è la volontà di capire un sistema dei rimborsi ai politici e alle loro liste, fatto di regolamenti a molte vie di uscita e da consuetudini ormai scolpite nel tempo. Le verifiche non si limiteranno all’attuale giunta governata da Cota, vincitore delle elezioni nel 2010, ma andranno a ritroso, come dimostra la richiesta di documenti risalenti a 5-6 anni fa.
Storie vecchie e nuove, come nuvole nere sul ceto dirigente torinese che in questi giorni ha riscoperto la virtù del silenzio. Mariano Turigliatto (non parente) è uno strano tipo di politico. Professore di lettere, inventore di quel progetto Scuola 2.0 che sta facendo il giro d’Italia. È stato sindaco di Grugliasco, quarantamila abitanti alle porte di Torino, per due legislature. Alle Regionali del 2005 la futura governatrice, ingolosita dalla sua popolarità sul territorio, lo inserisce al 23esimo posto nell’ormai celebre listino Insieme per Bresso.
I suoi voti si rivelano decisivi per la vittoria della zarina. Turigliatto entra in Regione, esponente unico della lista, a sua insaputa inserito in quell’elenco che comprende i Maurizio Lupi e i Michele Giovine dei quali si è tanto parlato, artisti delle remunerative liste fai da te. Il consigliere solitario scarta di lato. Prende carta e penna e comunica la sua rinuncia al rimborso di 110.728,33 Euro per ogni anno di legislatura, cifra complessiva di 553.641,65 Euro. È l’unico eletto, se non presenta lui la richiesta non può farlo nessuno. Ma nel 2008 scopre che ormai da tre anni una associazione che porta il nome della lista, della quale lui ignorava l’esistenza, percepisce i rimborsi erogati dalla Camera dei deputati. Lui non vede un euro. Viene tenuto all’oscuro dell’importo e soprattutto della destinazione del denaro.
Nel febbraio 2012 decide di scrivere al presidente della Camera (competente per questi rimborsi), Giancarlo Fini, chiedendo lumi sulla sorte di quel gruzzolo che lui aveva rifiutato. Nessuna risposta. Ovvio che i rapporti tra l’ex sindaco di Grugliasco e Bresso siano andati a male. «Come unico patrimonio ho la mia faccia e la mia rispettabilità , quindi cerco di tutelarla in ogni modo. Ecco perché ho reso pubblica la vicenda dopo averle provate tutte, senza venire a capo di niente».
Dal mistero del presunto tesoretto della passata legislatura alle spese di oggi. L’avvocato Alberto Goffi è un consigliere regionale dell’Udc folgorato sulla via della lotta a Equitalia. Diventa un fustigatore seriale del governo Monti, scrive un libro «contro le tasse-killer», si avvicina al Movimento per la gente, creatura di Maurizio Zamparini, il presidente del Palermo noto per pasteggiare ad allenatori. Casini non gradisce la svolta, lo rimuove dalla carica di segretario generale Udc. Lui non lascia il gruppo e prosegue nella nuova missione.
In questi giorni la città era tappezzata dai manifesti con il suo volto, che annunciavano una serata al teatro della Concordia, presente Zamparini e ospiti assortiti. In basso, quasi invisibile all’occhio umano, si leggeva la dicitura «In collaborazione con il gruppo regionale Udc». Quasi la fotocopia dei poster dell’anno precedente per una serata sullo stesso tema. Al netto delle spese per le affissioni negli spazi a pagamento, tra i più alti d’Italia, fanno 4.000 euro per ognuna delle due campagne, con il forte sospetto che per legittime iniziative private siano stati utilizzati fondi del gruppo consiliare Udc, che non risulta essere il partito più ostile all’attuale premier.
«Per chi fa tanto, a volte i soldi possono essere pochi». La premessa di Goffi suona come una ammissione. «Vero, le spese di affissione sono state pagate dal gruppo. Ho spiegato le mie esigenze all’ufficio di presidenza, che me le ha autorizzate. I fondi regionali mi servono anche per aiutarmi nella mia attività contro Equitalia, ma quello di Zamparini è un movimento culturale, non politico. Io sono un uomo molto attivo, e sono furioso con l’attuale situazione da caccia alle streghe, che finisce con il premiare chi non fa niente. Attenzione a non fare di tutta l’erba un fascio». L’ultima frase ha un fondo di verità . Quando le pentole si scoperchiano, e di puri se ne vedono pochi in giro, è quello il problema.
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