by Sergio Segio | 17 Ottobre 2012 7:01
ROMA — Cancellata la regola del silenzio-rifiuto, se l’amministrazione non risponde la risposta è quindi «sì», per le autorizzazioni a costruire in caso di vincoli ambientali o paesaggistici. Allungato l’orario di apertura delle dogane, 300 uffici in maggior parte operativi dalle 6 alle 18, che almeno in teoria potranno lavorare 24 ore su 24. E poi l’alleggerimento di una serie di adempimenti formali che riguardano la sicurezza sul lavoro, le notifiche e le certificazioni.
Il Consiglio dei ministri ha approvato un nuovo disegno di legge sulle Semplificazioni, seconda tranche delle misure già prese a febbraio sotto forma di decreto legge. Per il «cittadino semplice» ci sono la possibilità di ottenere i certificati universitari in inglese e l’unificazione del cambio di residenza con la dichiarazione per la tassa sui rifiuti, una misura che servirà anche a trovare più facilmente gli evasori, come spiega il ministro per la Pubblica amministrazione, Filippo Patroni Griffi. A differenza di quanto deciso a febbraio, però, l’intervento riguarda soprattutto le imprese. Il pacchetto, dice il governo, inciderà su una serie di costi per le aziende che oggi ammontano a 3,7 miliardi di euro, solo una parte di quei 26 miliardi stimati come peso totale della burocrazia. Ma ci sono diversi nodi da sciogliere e anche qualche critica.
Il Garante della Privacy, Antonello Soro, parla di intervento «in contrasto con la normativa europea», perché tira fuori le piccole imprese dal campo di applicazione delle regole sulla protezione dei dati personali con il rischio che Bruxelles avvii una procedura d’infrazione. Ermete Realacci (Pd) boccia la cancellazione della norma sul silenzio-rifiuto perché «l’Italia ha già sofferto troppo per l’abusivismo». Mentre il verde Angelo Bonelli critica quello che chiama l’articolo «salva Ilva» perché consente «nei siti contaminati tutti gli interventi di manutenzione e di infrastrutturazione» con la possibilità di aggirare la bonifica.
Ma anche i diretti interessati, gli imprenditori, non sono soddisfatti. Confindustria si dice «delusa» perché alla fine il governo ha rinunciato alla corsia veloce del decreto legge e, con i pochi mesi che restano prima del voto, il semplice disegno di legge potrebbe non arrivare in porto. Ancora più severo il giudizio di Rete imprese Italia, l’associazione dei piccoli e medi imprenditori, che con il presidente Giorgio Guerrini parla non solo di «tempi lunghi» ma anche di «contenuti carenti». Mentre Giuseppe Tripoli, il garante delle Pmi, considera «essenziale che il provvedimento diventi legge il più rapidamente possibile».
Tempi lunghi, stavolta messi nel conto, che riguardano anche l’altro tema toccato ieri in Consiglio dei ministri, la Strategia energetica nazionale preparata dal ministro per lo Sviluppo economico, Corrado Passera. È un lungo documento di 100 pagine che disegna il futuro del settore, l’evoluzione da qui al 2020, e che per un mese e mezzo sarà oggetto di una consultazione pubblica, con consigli e suggerimenti che potranno essere inviati dal sito del ministero. Riduzione della dipendenza dall’estero con un risparmio a regime di 14 miliardi di euro l’anno, 180 miliardi di euro di investimenti privati, la creazione di 25 mila posti di lavoro, si punta sulle rinnovabili, sul gas (il che vuole dire anche nuovi rigassificatori) e sul raddoppio della produzione nazionale di petrolio, portandola dal 7 al 14% del nostro fabbisogno energetico totale. Il documento conferma le indiscrezioni delle ultime settimane. Con una differenza importante, però: le prime bozze dicevano che poteva essere rivisto il nuovo limite delle 12 miglia dalla costa per le trivellazioni in mare. Almeno per il momento, invece, il limite resterà quello: «Abbiamo riserve da usare — dice il ministro Passera — e non vogliamo venir meno in nessun modo ai massimi vincoli di tutela sia ambientale che di sicurezza». Una porta viene lasciata aperta, però: il limite resta tassativo per il futuro ma sugli impianti che avevano già chiesto l’autorizzazione per trivellazioni più vicine alla costa, si valuterà caso per caso. È lo stesso documento a stabilire che il governo «non intende perseguire lo sviluppo di progetti in aree sensibili in mare o in terraferma, ed in particolare quelli di «shale gas», il gas ottenuto sparando acqua nei pozzi e fratturando le rocce nel sottosuolo. Una tecnica «invasiva» dal punto di vista ambientale molto utilizzata negli Stati Uniti.
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