by Sergio Segio | 1 Ottobre 2012 4:59
ROMA — Pier Luigi Bersani non ha paura di «Gianburrasca», non teme che Matteo Renzi possa portargli via il partito o sedersi, al posto di Mario Monti, sulla poltrona di presidente del Consiglio. Dalla prima pagina del Corriere di ieri Ernesto Galli della Loggia si è detto stupito per «il tentativo di boicottare in tutti i modi» la candidatura del sindaco di Firenze, con un sistema di regole che il politologo giudica «fatte apposta» per ostacolarne la vittoria. Una interpretazione che il segretario, chiudendo a Lamezia Terme la conferenza nazionale del Pd per il Mezzogiorno, ha respinto con forza, sdegnato e offeso: «Non tollero che, se mettiamo le regole, diventino contro Renzi… Io piuttosto sono contro Batman e le sue trentamila preferenze».
E poiché si è stufato di sentirsi chiedere se davvero non si è pentito di aver aperto la competizione a uno sfidante interno, il leader dei democratici affida a una battuta il suo stato d’animo: «Non ci sto a passare per il buono e anche un po’ coglione». Perché lui la sfida che lo attende non la vede a tinte fosche, bensì «positivamente», convinto com’è che «se non le avessimo fatte staremmo mangiando pane e primarie tutti i giorni sui giornali» e che, il lunedì dopo i gazebo, sarà lui a cantar vittoria: «Potremo dire che non ci ammazza più nessuno… C’è bisogno del Pd, basta autoflagellazione».
Bersani che sprona i suoi alla riscossa. Bersani che promette di «far girare la ruota» al congresso del 2013, lasciando finalmente spazio ai giovani. Non è di Gianburrasca insomma, che il segretario ha paura. E non è dunque per fermarne la corsa di Renzi verso Palazzo Chigi che gli «sherpa» del leader stanno modificando le regole delle primarie 2005, quando Romano Prodi fu incoronato leader dell’Unione. «Un minimo di regole — chiede Bersani, confermando l’idea di un albo degli elettori —. Io ti cedo sovranità , tu dimmi chi sei». L’idea del registro dei progressisti non piace però a Renzi, il quale ieri è approdato in camper a Grosseto e ha riempito le mille sedie del Teatro Moderno: «Io mi fido di Bersani e del fatto che il Pd sappia cogliere l’occasione delle primarie per allargare i propri confini». Un modo diplomatico per dire no all’albo e a qualunque altra norma che rischi di restringere la platea degli elettori. Ma poiché il segretario vuol togliere al sindaco ogni argomento che possa rivelarsi un boomerang, al tavolo delle regole Maurizio Migliavacca spinge perché gli elettori si registrino il giorno stesso del voto e non una settimana prima.
Resta la grande paura di «Batman». Il timore cioè che dirigenti del centrodestra provino a condizionare l’esito delle primarie. «Io sono napoletano — racconta Marco Di Lello, al tavolo delle regole per i socialisti —. E vorrei evitare che si ripeta a livello nazionale quel che accadde alle primarie per il sindaco della mia città , quando ci furono fenomeni di infiltrazione malavitosa». Tanto che Bersani vorrebbe far votare al secondo turno solo gli elettori che si sono iscritti a tempo debito e hanno partecipato alla prima fase della competizione. «Non vedo perché dovrei consentire al Pdl di scegliere il mio candidato alla guida del Paese», spiega ancora Di Lello. Per partecipare si verserà un obolo, probabilmente tre euro: una cifra pensata per evitare le file di cinesi «prezzolati», come qualcuno denunciò a suo tempo. Sulla quantità di firme per potersi candidare, Nichi Vendola chiede di abbassare la soglia e l’asticella dovrebbe fermarsi a ventimila, raccolte in almeno dieci regioni.
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