Batman mise le fatture nel tritacarte

by Sergio Segio | 3 Ottobre 2012 6:14

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ROMA — Franco Fiorito stava acquistando una villa in Costa Azzurra. Una splendida casa a Mentone che si aggiunge alle altre proprietà  (undici sparse tra Roma, Anagni, Tenerife alle Canarie e al Circeo oltre ai due appartamenti ottenuti in affitto da enti benefici) che l’ex capogruppo Pdl alla Regione Lazio già  possiede. Ed è proprio questa trattativa immobiliare, avviata ma negata dall’interessato durante l’interrogatorio del 19 settembre scorso, uno dei motivi che hanno convinto il giudice sulla necessità  di farlo finire in carcere. Può fuggire in Francia, questo è il sospetto. E può farlo anche «a bordo della grande imbarcazione ancorata nel porto di San Felice Circeo». Yacht, macchine di grossa cilindrata, cene faraoniche, vacanze di lusso nei resort della Sardegna, una Jeep Wrangler acquistata in tutta fretta per affrontare le nevicate del febbraio scorso e perfino la caldaia da 1.000 euro per la magione del Circeo: questa è la vita che Fiorito conduceva con i soldi pubblici. E per cercare di nasconderla, una volta finito sotto inchiesta, ha cercato di usare mille escamotage. Come quello di tritare le fatture più compromettenti mentre i finanzieri aspettavano di perquisire la sua abitazione. Sono stati proprio gli accertamenti degli specialisti del Nucleo valutario guidati dal generale Giuseppe Bottillo a svelare la trama di ruberie e illeciti che vede al centro «Er Batman» ma che potrebbe presto coinvolgere altri suoi colleghi di partito consiglieri della Pisana. Un «sistema» che in appena due anni gli ha consentito di gestire sei milioni di euro. E di appropriarsi, questa è l’accusa, di un milione e 357 mila euro.
Sei testimoni contro
Le verifiche contabili svelano che Fiorito si è accreditato ben tre volte ogni mese le somme destinate ai consiglieri. Nel corso dell’interrogatorio il procuratore aggiunto Alberto Caperna e il sostituto Alberto Pioletti gli contestano questa procedura. E lui candidamente dichiara: «Le ragioni dei bonifici che ho disposto dai conti correnti del gruppo ai miei personali devono individuarsi nella scelta del gruppo di attribuire alla mia persona un’indennità  doppia, oltre a quella che già  godevo. Preciso che mi attribuivo mensilmente una quota di 4.190 euro per la mia carica di consigliere e 8.380 (il doppio) per le due cariche di presidente di commissione e di capogruppo. La scelta della cosiddetta “tripla quota” non è stata deliberata dal gruppo consiliare ma risponde a una prassi sempre seguita sia nel gruppo del Pdl sia negli altri gruppi».
Una tesi che viene smentita da ben sei testimoni. Il principale è Mario Abbruzzese, presidente del consiglio comunale, ma anche i capi delle segreterie di Udc e Lista Polverini, oltre a due funzionari.
Le ceramiche  e la Montblanc
In ogni caso non sono soltanto le doppie o triple indennità  a mettere nei guai Fiorito. Il vero problema sono tutte quelle spese fuori controllo documentate dagli investigatori della Guardia di Finanza che, come sottolinea il giudice Stefano Aprile, «sono privi di alcuna connessione con l’attività  del gruppo Pdl». Nell’elenco dei pagamenti effettuati con carta di credito ci sono 1.330 spesi all’Unieuro, i 263,87 euro al supermercato Auchan, i 500 euro per la Montblanc, i 1.010 euro da Hermès.
Quando i pubblici ministeri gli chiedono di giustificare gli esborsi lui afferma: «Posso riferirvi soltanto per le spese presso “Ceramiche Appia Nuova” e “Sonnino Tessuti”, riferite verosimilmente all’acquisto, per le prime, di accessori da bagno impiegati nelle sedi del partito di Anagni e Frosinone e, per le seconde, per la stoffa delle tende da apporre nelle medesime sedi». Scrive il giudice: «È da escludere che gli arredi di una sede locale del partito politico corrispondano agli scopi istituzionali del gruppo consiliare, mentre non è il caso di dilungarsi sulla disamina degli acquisti presso note boutique del centro di Roma, salvo voler ritenere che rientrino nel concetto di corretto funzionamento dell’organo assembleare gli abiti e le penne di marca».
Le fatture nell’antibagno
Tra i motivi che hanno convinto il giudice a ordinare l’arresto c’è l’inquinamento delle prove. E per dimostrarlo viene citata la relazione di servizio dei finanzieri che il 14 settembre scorso effettuano la perquisizione a casa di Fiorito. In realtà  all’indirizzo dove risulta residente il politico non c’è. Viene contattato al telefono e lui assicura che sarebbe arrivato «entro venti minuti» presso l’appartamento ai Parioli dove abitualmente vive. Poiché non arriva viene richiamato. A questo punto afferma di essere già  a casa e di essere passato dal palazzo accanto. I finanzieri entrano di corsa nell’appartamento, ma trovano pochissima documentazione. Le cartelline con le fatture le consegna lo stesso Fiorito cinque giorni dopo, quando viene interrogato, e afferma: «Normalmente le cartelle erano custodite parte presso l’ufficio di Boschi o Galassi (i segretari), parte presso l’antibagno dietro al mio ufficio. Durante la perquisizione non sono state trovate perché le avevo precedentemente spostate in un altro appartamento. L’ho fatto per evitare che entrassero nella disponibilità  del mio successore come capogruppo Francesco Battistoni».
In realtà , come risulta dal verbale dei finanzieri: «All’interno del tritacarte sono stati rinvenuti: parte di fattura dalla quale si evince il destinatario “Gruppo consiliare Pdl” e la descrizione dell’oggetto come “cravatte di seta”, “sciarpe in lana e seta”, “porta documenti in pelle” e la causale di pagamento in contanti; parte di fattura dalla quale si evince l’intestazione “Eugenio Shirtmaker” e la descrizione dell’imponibile di 4.000 euro”. Nella cucina è stata rinvenuta nella pattumiera la seguente documentazione strappata: una mail da Mireille Lucy Rejor (la compagna del padre che Fiorito nell’interrogatorio ha spacciato come sua segretaria) e una mail da Roberto Battista all’assessore Giuseppe Viti».
Fiorenza Sarzanini

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