Barry Commoner. Addio al padre dell’ambientalismo

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NEW YORK. Se oggi anche l’ecologia è pop, e l’ambientalismo non solo scienza ma pratica quotidiana, dobbiamo tutto a questo signore che a 95 anni ha chiuso gli occhi per sempre nella sua casa di Brooklyn Heights, circondata dagli alberi che dall’altra parte dell’East River sfidano i grattacieli di Manhattan. Barry Commoner ha inventato i verdi quando il colore non era di moda, ha costretto John Fitzgerald Kennedy a bandire i test nucleari, ha inaugurato la Giornata della Terra e spinto Richard Nixon a fondare l’Epa, l’ente per l’ambiente Usa: ha perfino tentato, lui stesso, di correre per la Casa Bianca, spegnendo i sogni del suo Citizens’Party nel più grande fallimento di una straordinaria carriera, portando soltanto 234mila elettori a opporsi a Ronald Reagan.
Non sarei mai stato un buon presidente, riconobbe lui stesso. Che è stato invece un grandissimo biologo, il primo a provare in laboratorio gli effetti delle radiazioni nucleari sugli esseri viventi. Che è stato invece un grande attivista e speaker: proprio lui, il figlio del sarto ebreo di Brooklyn che bruciò gli occhi fino alla cecità  per farlo studiare, proprio lui ex studente così timido che i professori gli consigliarono il doposcuola per superare la paura di parlare.
Finì sulla copertina di Time. E il New Yorker scrisse: «Barry Commoner appartiene a quella specie di scienziati impegnati ad accrescere la conoscenza delle conseguenze politiche e sociali della scienza». Ma altro che conseguenze. Basta leggere l’ultima delle sue quattro leggi sull’ambiente che — ricorda oggi il
New York Times— ai tempi finirono impresse perfino sulle t-shirt: “Nessun pasto è gratis”, tutto quello che faremo alla natura si ritorcerà  contro di noi. E d’altronde la legge numero 1 sostiene proprio l’interconnessione tra tutti gli eventi: facendo di Commoner un critico della globalizzazione prima che Jeremy Rifkin reinventasse anche quella. Le altre due? Non esiste spreco in natura. E ancora: la natura sa cos’è meglio.
Sì, verrebbe quasi da sorridere, oggi, di fronte alla semplicità  delle tesi.Madissebeneungigantecome Jay Gould, l’erede di Charles Darwin: quello che predica è ormai così evidente che sembra risaputo — eppure Commoner ha ragione su tutto. Diceva anche cose di sinistra, avendo fondato il suo ambientalismo sugli studi marxisti. Reclamava l’intervento dello stato. E credendo appunto nell’interconnessione (“Viviamotuttiinunsoloecosistema”) sosteneva che anche i problemi fossero connessi: ambiente, povertà , sesso, razza, guerra.
Combattè il nucleare: e fu lui a documentare le ricadute sulla popolazione dello Strontium 90, un componente diventato così popolare che un certo Sting gli intitolò la band che poi si sarebbe fortunatamente chiamata Police. Quando propose la raccolta differenziata per New York, il sindaco sceriffo, Rudy Giuliani, lo additò al pubblico ludibrio:impossibileedantieconomica. Ma quando Barack Obama ha proposto il cap and trade, la legge che mira a diminuire l’inquinamento con un sistema di multe e premi, tra i pochi ambientalisti a insorgere èstatosempreCommoner: perchépremiarechiprimainquina anche se dopo paga?
“Science&Survival”èillibropiù famoso. Titolo del primo capitolo: “La scienza ci sta sfuggendo di mano?”. Nell’era di Internet, e di Google che tutto ci spiega, il mondo non s’è ancora dato una risposta.


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