by Sergio Segio | 11 Ottobre 2012 10:16
NEW YORK . Una pioggia di inserzioni pubblicitarie si abbatte sugli stati ancora ritenuti in bilico. E la maggior parte punta a evidenziare gli errori dell’avversario «Giulia, stiamo per essere travolti da una valanga di spot negativi. Gruppi che sostengono Romney hanno già allocato 23 milioni di dollari da spendere solo questa settimana. È stata la loro strategia fin dall’inizio: intasare l’etere di pubblicità che diffama il presidente. Sarò franco: stanno cercando di comprare le elezioni».
Così scriveva lunedì lo stratega David Axelrod, a me e a milioni di altri americani, sollecitando donazioni (anche solo cinque dollari – la stessa cifra con cui si poteva accedere alla lotteria per le cene da George Clooney, Beyonce e Sarah Jessica Parker) per la campagna di Obama. In realtà , guardando la pubblicità tv, se si eccettua un cocciuto commercial in bianco e nero contro il deputato di Long Island Tim Bishop, nella democraticissima New York non sembra quasi di essere nel mezzo di un’elezione. Perché negli stati attribuiti già in partenza, come questo, né democratici né repubblicani sprecano soldi e/o tempo. La valanga di cui parla Axelrod sta invece travolgendo (ormai da diverse settimane) quegli angoli d’America che si presumono ancora «indecisi». È lì che è andato a finire gran parte del mezzo miliardo di dollari già risucchiato dalla pubblicità nella campagna 2012, la più costosa delle storia. In Ohio, stato che potrebbe decidere chi sarà il prossimo presidente Usa, tra il 10 aprile e il 24 settembre scorso, sono stati trasmessi 132.469 spot sulla corsa per la Casa bianca, per un costo di oltre 93 milioni di dollari. Secondo uno studio degli analisti del gruppo newyorkese Cmag/Kantar Media, per vederli tutti insieme, uno dopo l’altro, ci vorrebbero 46 giorni. Se la caverebbe con 13 giorni di visione non stop chi volesse vedere in consecutiva solo gli spot elettorali dedicati alla corsa per il senato (dove il democratico Sherrod Brown è per ora in vantaggio). Nelle fasce di ascolto più alte della giornata, si arriva a dieci spot per mezz’ora di programmazione. Roba da tramortire anche il telespettatore più a prova di bomba.
L’Iowa porta con sé solo 6 voti elettorali, contro i 18 dell’Ohio, ma anche lì si sono spesi circa 37 milioni in pubblicità e i quotidiani locali parlano di un elettorato ormai catatonico. In Colorado (9 voti elettorali), dove sono stati investiti più di 47 milioni di dollari in spot, i residenti hanno deciso di ribellarsi, e il 6 novembre si voterà anche per un emendamento della costituzione locale che limiterebbe i contributi finanziari alle campagne e quindi, sperano i cittadini, anche il diluvio di pubblicità . Con 104 milioni di dollari, tra il 12 aprile e oggi, la Florida (29 voti elettorali, e il luogo della frode che “elesse” George W.Bush)è per ora lo stato in testa alla feroce guerra degli ad per la corsa alla Casa bianca.
Secondo uno studio effettuato dal Washington Post, il 90% di quanto investito in pubblicità televisiva pro Romney (282 milioni circa per un totale di oltre 400.000 passaggi di spot), è stato destinato a pubblicità negativa, con la maggioranza degli spot finanziati non direttamente dalla campagna di Romney ma da Super Pac e gruppi indipendenti, come American Crossroads, la micidiale macchina da guerra di Karl Rove (67 milioni di dollari) e America for Prosperity, quella dei fratelli Koch (33 milioni).
Ma David Axelrod, nella sua mail di lunedì, aveva solo un po’ di ragione a lamentarsi, perché sempre secondo il «Post» la pubblicità pro Obama è negativa al’83%. 218 dei 262 milioni di dollari spesi per finanziarla vengono direttamente dalle casse per la rielezione del presidente. Di suo finora Romney ne ha messi solo 85 (su un totale di 282). Mentre rispetto ai gruppi indipendenti filo- repubblicani, quelli filo-democratici sono meno ricchi, e quindi meno generosi – il Super Pac Priorities Usa Action, per esempio, ha solo contribuito 17 milioni di dollari alla pubblicità televisiva pro Obama.
Super Pac e gruppi non-profit che non sono direttamente associati alle campagne dei due candidati, sono in grado (grazie a una sentenza della Corte suprema) di donare liberamente e spesso senza fornire dettagli sulla provenienza dei soldi. Di conseguenza, protetti da quella nebulosità d’origine, i loro spot possono essere molto più aggressivi di quelli autorizzati dalla campagna di Obama o da quella di Romney, e dei cui contenuti i due candidati devono quindi rispondere. Che la parte del leone nella strategia di spot pro Romney sia stata fatta finora proprio attraverso questi canali esterni, la dice lunga sullo stile e sui mandanti del suo progetto.
È scesa in campo in suo favore, lunedì, anche la National Rifle Association, la potentissima lobby delle armi, con uno spot che (per un investimento di circa 1.5 milioni di dollari) martellerà i telespettatori di Virginia, Ohio, Forida e Wisconsin, e il cui testo carico di minaccia descrive «montagne di debito e di spesa, perdita di autonomia dell’America rispetto al resto del mondo, perdita dei diritti e delle liberta’ individuali…» – insomma un’ apocalisse che si può evitare solo eleggendo Mitt.
Annunciata ieri anche una nuova iniezione di pubblicità anti Obama di America Crossorads.
Mentre il «Romney post Denver», tutto riposizionato al centro, si sta ben guardando da citare i cavalli di battaglia usati nei mesi scorsi per eccitare l’ala più talebana del suo partito, per fare un po’ di damage control a favore del presidente, Planned Parenthood ha annunciato invece di aver investito 800.000 dollari in Colorado per uno spot «rinfresca memoria», in cui Romney (da un apparecchio Tv in stile anni ’50) promette le revoca di Roe vs Wade (la legge che legalizzò l’aborto) e il blocco dei finanziamenti pubblici alla popolare organizzazione per la salute della donna. Piuttosto efficace.
Da parte sua, Obama ha dimostrato che in fatto di spot negativi non è timido nemmeno lui. Disonesto, è per esempio il titolo di uno dei numerosissimi videoclip prodotti dalla campagna Obama in questi giorni per demolire le affermazioni di Romney durante il dibattito. Ma è stato un boomerang quello divertente e molto sarcastico in cui il presidente accusava Romney di prendersela con il programma per bambini della Pbs Sesame Street invece che con Wall Street: il workshop che produce lo show con i pupazzi di Jim Henson (tra cui il giallo Big Bird) ha protestato presso la Casa bianca e chiesto che i riferimenti a Sesame Street venissero rimossi.
Tra gli spot più controversi a favore del presidente è stato quello (finanziato dal Super Pac Priorities Usa Action) in cui l’operaio di un’acciaieria chiusa dalla Bain Capital ricorda la perdita dell’assistenza sanitaria per se e per la moglie malata di cancro, suggerendo che Romney sarebbe responsabile – direttamente – della morte della signora. Paradossalmente il clip è diventato un fenomeno virale della rete anche senza essere mai stato mandato in onda. Secondo il sito di fact checking PolitiFact.com gli spot di entrambi i candidati contengono inaccuratezze e/o falsità . Con quelli di Romney che fanno la parte del leone.
Perché tanta pubblicità negativa? Perché , nonostante gli americani dicano sempre che non la approvano, a livello emotivo funziona sempre, come spiegava recentemente lo psicologo e studioso di comunicazione politica Dew Western, in un editoriale sul «Los Angeles Times».
Source URL: https://www.dirittiglobali.it/2012/10/barack-e-mitt-e-lora-dei-colpi-bassi/
Copyright ©2024 Diritti Globali unless otherwise noted.