by Sergio Segio | 14 Ottobre 2012 8:48
Giovedì Abdallah Nsur, il nuovo premier giordano, ha giurato e ora guida un governo incaricato di portare il paese ad elezioni entro la fine dell’anno. Più che al voto re Abdallah però pensa alla guerra alle porte. Il basso profilo adottato dal sovrano hashemita nella crisi che insanguina la Siria, non basta a nascondere quanto viene costruito dietro le quinte. È difficile credere che la presenza, rivelata dai media internazionali, di 150 soldati scelti americani, nella base di Russefieh, in una vecchia miniera nel deserto, abbia il solo scopo di addestrare i giordani a difendersi da un possibile attacco chimico proveniente dalla Siria. Quelle unità di élite, rimaste in Giordania dopo le manovre militari «Eager Lion» del maggio scorso, avrebbero il compito di compiere azioni immediate volte a prendere il controllo degli arsenali di armi chimiche siriane, in caso di una caduta del regime di Bashar Assad. È forte il sospetto che invece siano lì per compiere blitz contro l’esercito regolare siriano. Due funzionari della difesa statunitense hanno precisato che quei militari non sono semplici «consiglieri», come affermano i giordani, ma membri commando. All’incarico di prendere il controllo, se necessario, delle armi chimiche siriane e impedire che cadano in «mani sbagliate» non crede neanche Torbjorn Soltvedt, un analista del Maplecroft Risk Analysis Group di Londra. «Tenendo presente che gli arsenali siriani sono sparsi per tutto il paese, metterli sotto controllo richiederebbe un numero elevato di truppe – spiega Soltvedt – il Pentagono stima che una operazione del genere potrebbe richiede l’impiego fino a 75mila soldati». Da parte sua Steven Bucci, un esperto di armi chimiche della Heritage Foundation, precisa che i siti siriani sarebbero una cinquantina. Cosa ci fanno allora quei 150 soldati nella base giordana dove, peraltro, sono state addestrate anche truppe speciali libiche e irachene? L’interrogativo è aperto. Non ci sarebbero peraltro solo soldati americani in quella basi. Due diplomatici occidentali riferiscono del recente arrivo da Londra di ufficiali specializzati nell’intelligence e in operazioni speciali. L’agenzia stampa americana Ap, in un lungo servizio dalla capitale giordana, non sembra avere dubbi sulle finalità di questa presenza di truppe di élite straniere. «La Giordania desidera la caduta del regime siriano – scrive – perché è preoccupata che il principale alleato di Bashar Assad, l’Iran, stia cercando di alimentare rivolte sciite nei paesi arabi a maggioranza sunnita. E la setta alawita alla quale appartiene Assad ha la sua origine nell’Islam sciita. Re Abdallah è stato nel 2004 il primo leader arabo (sunnita) a lanciare l’allarme sulla crescita dello sciismo, dal Libano all’Iran, passando per Siria e Iraq». Non è escluso che la stessa Giordania stia programmando l’intervento di sue truppe in Siria. Lo ipotizza Abdel Bari Atwan, il direttore del londinese al Quds al Arabi , che due giorni fa ha anche ricordato in un lungo editoriale le capacità dei commando giordani che, a suo dire, avrebbero preso parte in operazioni segrete in Libia contro postazioni militari e a Bab Aziziyyah, la roccaforte del colonnello Ghaddafi, contro i manifestanti in Piazza della Perla a Manama (Bahrain) e contro gli houthisti (sciiti) yemeniti. Atwan è certo che i 150 soldati Usa siano il gruppo avanzato di ben più larghi contingenti militari che presto saranno coivolti nella guerra civile siriana. D’altronde due mesi la britannica Reuters aveva riferito del sì di Barack Obama a operazioni di truppe speciali in territorio siriano.
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