Alfano gela Formigoni sulla Lega “Le alleanze vanno salvaguardate”

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MILANO — Alfano cerca di tenerlo buono, Formigoni ribadisce che in Lombardia bisogna andare a votare entro l’anno. Ma è un incontro che non decide nulla, quello di ieri sera in via dell’Umiltà , dove il governatore è andato a reclamare un appoggio che il Pdl non può dargli. Per tutto il giorno i leghisti e Formigoni si sono presi a pesci in faccia. «Il mio successore dev’essere un pidiellino, non consegnerò mai la Lombardia alla Lega, che ha segnato la fine della nostra giunta», tuonava il governatore. Quanto alle primarie di coalizione accettate anche dal Carroccio (ma l’accordo è che alla fine il candidato presidente lo faccia Maroni), vengono definite dal Celeste «un’idea bizzarra », qualcosa che può servire solo, appunto ad accontentare i leghisti. Però è un’idea che ai piani alti del Pdl continuano a difendere: «Il mio compito di segretario — ripeteva Alfano prima del faccia a faccia serale — è mantenere unito il Pdl lombardo e mantenere ferme le alleanze che ci hanno permesso di vincere, allargandole se possibile».
Una parola. La coperta è corta, o ci si presenta insieme alla Lega (e l’unico modo è appoggiare la candidatura di Maroni), oppure si allarga la squadra mettendo in pista l’ex sindaco Gabriele Albertini, come vorrebbe Formigoni, per rompere con il Carroccio e aprire ai centristi. In questo stallo i leghisti fanno la voce grossa.
Con il loro segretario che insiste sul voto regionale abbinato a quello politico: «C’è una legge, tra l’altro approvata dal governo Berlusconi, che ce lo impone». E se Pdl e Lega andassero divisi, «si regalerebbe la Lombardia alla sinistra ». Male parole anche in Regione, dove i leghisti hanno tentato di impedire la presentazione della nuova giunta in Consiglio (lunedì prossimo), mentre Formigoni ha alzato le spalle facendo capire che lo farà  comunque, magari con una conferenza stampa. E il presidente “lumbard” dell’Assemblea, Fabrizio Cecchetti: «Il presidente sta perdendo il senso delle istituzioni».
Intanto, l’inchiesta sulla discarica di Cappella Cantone, che ha coinvolto i vertici della Compagnia delle Opere di Bergamo, indagati per corruzione, va avanti. Dopo l’assessore all’Ambiente della Regione Lombardia, il ciellino Marcello Raimondi, altri assessori potrebbero finire nell’indagine per aver dato il via libera a una delibera, «su proposta del presidente Roberto Formigoni» considerata «anomala» dagli investigatori. Per quell’atto di giunta che ha sbloccato la discarica d’amianto dell’imprenditore bergamasco, il procuratore aggiunto Alfredo Robledo e i pm Antonio D’Alessio e Paolo Filippini ipotizzano il pagamento di oltre 200mila euro per i due esponenti della Cdo, Rossano Breno e Luigi Brambilla, e un milione in lavori per la scuola Imiberg di Bergamo, legata a Cl.
La Guardia di Finanza sta passando al setaccio le intercettazioni grezze dell’inchiesta di Brescia, che aveva portato in carcere l’ex assessore regionale Franco Nicoli Cristiani. Gli investigatori cercano elementi su Raimondi, considerato «referente di Cl», e su ulteriori pagamenti alla galassia delle Cdo. Proprio l’assessore, indagato per corruzione, avrebbe allontanato un dipendente dell’Arpa che non voleva firmare la valutazione d’impatto ambientale, decisiva per il via libera alla discarica. «Chiarirò con i pm nel più breve tempo possibile questa incresciosa vicenda frutto di mistificazioni » si è difeso Raimondi.


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Non ci sono stati accordi espliciti, al momento della formazione del governo Monti, sui problemi che dovevano essere esclusi dal suo raggio d’azione. I partiti che lo sostengono avevano riconosciuto che il compito prioritario del governo era ed è quello di rimediare alla disastrosa situazione in cui eravamo precipitati, sia di natura economica, sia di credito internazionale. Ma da ciò consegue che, sulle misure più idonee a raggiungere quell’obiettivo, la discrezionalità  del governo dev’essere molto ampia.

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