VENEZIA 69. Compromesso per «Pietà »

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VENEZIA Il momento cult della serata – che rimbalza sugli schermi della diretta (Rai Movie) in una pessima regia televisiva – è quando la delicata Laetitia Casta, abito rosa pallido, si avvicina al regista austriaco Ulrich Seidl chiedendogli se può scambiare il premio che gli è stato appena consegnato, il Leone d’argento per la migliore regia, con quello ritirato un attimo prima per The Master da Philipp Seymour Hoffman. Imbarazzo, sorrisini nervosi. La bella Kasia Smuniak si trattiene, la Sala grande scoppia in una risata. Seidl, vagamente sconcertato, perde un po’ il filo, il presidente Michael Mann invece non batte ciglio: capita a tutti di fare degli errori. Non è il solo, purtroppo, molto ci sarebbe da dire sul Leone d’oro a Kim Ki-duk (in gara con Pietà  ), il regista coreano idolo di generazioni di cinefili, incantati dai suoi universi di gelida violenza. E anche il premio speciale a Paradise/Faith il film meno controllato del regista austriaco (prendiamolo come un premio all’opera?) lascia la platea un po’ disorientata. Venezia 69, prima edizione diretta da Alberto Barbera, si è chiusa, tutti a casa, non tutti contenti. Oggi è tempo di bilanci, e soprattutto di polemiche. Il cinema italiano non ha vinto nulla, paradossalmente se vince a Cannes, sul Lido non riesce quasi mai a conquistare un risultato. La delusione più grossa è per Bella addormentata , era nell’aria già  ieri, quando si è capito con chiarezza che il film di Marco Bellocchio non aveva vinto nulla. Sembra che a Raicinema fossero abbastanza seccati, hanno investito molto nella Mostra. E il premio tecnico a Daniele Ciprì – che lo ha dedicato al fratello, scomparso da poco, e a Marco Onorati, direttore della fotografia dei film di Matteo Garrone, morto qualche mese fa – per È stato il figlio e il premio Mastroianni per un attore emergente a Fabrizio Franco per Bella addormentata e È stato il figlio , suonano un po’ come una consolazione. Il fatto è che l’Italia non ha vinto nulla nemmeno nelle altre sezioni, e qui sembra ancora più ingiusto. Non è possibile infatti che la giuria di Orizzonti, presieduta da Pierfrancesco Favino (che ammette: i giudizi non erano unanimi) consegni un premio speciale a Tango libre di Frederic Fonteyne, un film che non doveva proprio esserci nel cartellone veneziano, banale e inutile commediola televisiva di un’ovvietà  imbarazzante, quando nella stessa sezione c’era L’intervallo di Leonardo Di Costanzo, la vera rivelazione di questo festival. Fa male al cinema e fa male alla Mostra. Ovviamente va benissimo che abbia vinto Tre sorelle di Wang Bing, un grandissimo talento (che certo non è una scoperta). L’ipercontrollato Mann spiega che la giuria ha lavorato secondo le regole del festival, cercando dunque di evitare un accumulazione di premi allo stesso film (con l’esclusione della Coppa Volpi per gli attori), e seguendo le priorità  delle idee di cinema e delle personali emozioni. Decidere è stato difficile e ha comportato molte discussioni. L’impressione è che la giuria sia arrivata al Leone sul filo degli equilibri e dei compromessi. C’è aria tesa in sala quando i giornalisti chiedono a Mann dei film italiani, i giurati sembrano a disagio. Sbotta Samantha Morton: «Un singolo membro della giuria non può parlare sulla cinematografia di un paese». The Master , dunque, ma Paul Thomas Anderson (per molti doveva essere il Leone d’oro) non salirà  sul palco. A ritirare il doppio premio – Coppa Volpi per l’interpretazione maschile a Philip Seymour Hoffman e a Joaquin Phoenix e Leone d’argento – al Lido è sbarcato Seymour Hoffman stravolto, appena sceso dall’aereo, sbadiglia, bofonchia, ringrazia. Lui e Anderson sono amici da vent’anni, hanno lavorato insieme: «Non giudicate il mio vestito, me lo sono messo in bagno. Lavorare con Joaquin è stata un’esperienza straordinaria, è una forza indomita, ho cercato di cavalcarla ma è indomabile, sono certo che anche lui è molto felice per questo premio». «P. T. Anderson è uno dei miei migliori amici, ed è un piacere per me ritirare questo premio. Abbiamo lavorato insieme in cinque film, è un grandissimo regista». Assayas, in italiano, dedica il premio agli attori giovanissimi che nel film hanno messo impegno e passione. La giovane Hadas Yaron sorride impeccabile. Il presidente della Biennale Paolo Baratta ringrazia la stampa e tutti i partecipanti. Appuntamento all’anno prossimo. Domani è un altro giorno.

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TUTTI I PREMI DI VENEZIA 69

Leone d’oro: Pietà  di Kim Ki Duk Leone d’argento: The Master di Paul Thomas Anderson Premio Speciale della giuria: Paradise: Faith di Ulrich Seidl Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile: Philip Seymour Hoffman e Joaquin Phoenix per The Master Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile: Hadas Yaron per Fill the Void Premio Marcello Mastroianni: Fabrizio Falco (emergente) in «È stato il figlio» di Daniele Ciprì e Bella Addormentata di Marco Bellocchio Premio per la migliore sceneggiatura: Olivier Assayas per «Apres Mai» Premio per il migliore contributo tecnico: Daniele Ciprì per la fotografia di «È stato il figlio», di cui è anche regista e «Bella Addormentata» di Bellocchio Leone del Futuro – Venezia opera prima Luigi De Laurentiis: Kuf del turco Ali Aydin Premio Orizzonti: Three Sisters di Wang Bing. Gran premio speciale sezione Orizzonti Tango Libre di Frédéric Fonteyne. Premio Orizzonti Youtube per il miglior cortometraggio a Cho-de (Invitation) di Yoo Min-young


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