Vendola: «Torniamo alla civiltà  del lavoro»

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Il Forum si svolge come sempre in concomitanza con l’incontro di industriali ed economisti organizzato dallo studio Ambrosetti a Cernobbio. Per questo è chiamato anche la «Contro-Cernobbio». Una platea attenta e calorosa, fatta di tanti giovani, e molti membri delle associazioni locali ha assistito al dibattito aperto dal saluto del presidente della Comunità  di Capodarco, don Vinicio Albanesi: «Il terrazzo di Capodarco è meglio di quello di Villa d’Este; siete numerosi e questo è un segno di sensibilità  verso quei germogli che ci auguriamo diventino piante».
«Dobbiamo riflettere molto sul perché sono saltati per aria i partiti – ha detto Vendola – la forma partito è un fantasma che aleggia nei nostri discorsi e che riacciuffiamo perché è protettiva. Ma ormai è saltata. L’avversario ha giocato la sua partita nella scomposizione dei legami sociali, dei corpi collettivi. A partire dal mondo del lavoro, che oggi è più una platea di solitudini. Berlusconi ha vinto quando la tv ha preso il posto della cattedra, quando si è creata una platea fatta di individui bisognosi di status symbol, di merce. Da lì siamo entrati in questa dimensione, allora oggi il tema deve tornare a essere quello di rompere la solitudine, scoprire la dimensione sociale per fare la lotta politica».
«La crisi – ha proseguito – è fatta anche di perdita della dignità  umana. Oggi sono i magistrati di Taranto a doverci dire che il valore della vita vale anche nel ciclo produttivo. Questo l’avevamo dimenticato anche come cultura della sinistra. Dobbiamo fare un discorso di verità , introducendo il profilo sociale reale del paese. Ripartire dalla civiltà  del lavoro, del lavoro come terra dei diritti. Serve un’agenda concreta di cambiamento. La mia passione non è per il partito ma per questa partita di cambiamento».
Lungo applauso al suo commento sulla decisione del governatore della Bce Mario Draghi che mette al riparo l’Italia da attacchi speculativi: procedere all’acquisto di bond. «L’Europa si ubriaca per la piccola scelta di Mario Draghi, ma se è bastata a far abbassare lo spread di 200 punti perché non si è fatta prima?». E ce n’è anche per il premier Mario Monti e la sua ricostruzione delle cause della crisi «in una formula eterea». «Le forze che si oppongono al cambiamento sono enormi – ha aggiunto – Obama è solo una modesta allusione al cambiamento, eppure contro di lui, in Europa e in America, si sono scatenate le forze dell’inferno. Così da noi: tre anni fa a Vasto ho fatto una foto con due altri politici: era una modestissima allusione alla possibilità  di contrastare il liberismo eppure è bastato a scatenare le forze dell’inferno».
Poi l’Ilva e la diossina, che non è solo un problema di Taranto. «C’è chi pensa – dice – che sia possibile uscire dall’industria. Penso che sia un pregiudizio reazionario nei confronti dell’industria». La sfida è invece ambientalizzare. E ricorda l’ «inferno totale» dell’Italsider e l’Ilva quando era prima per numero di incidenti del lavoro, rivendicando una posizione culturale di equilibrio tra diritto al lavoro e salvaguardia della persona. «Uno degli ingredienti dell’egemonia della destra – accusa – è che la politica la fa il mercato». L’obiettivo invece è «ricostruire forme di socialità , riscoprire una dimensione sociale che diventa la base per la lotta politica».
Vendola infine ha ricordato che martedì prossimo con Antonio Di Pietro (Idv), Stefano Rodotà  e Maurizo Landini (Fiom) depositerà  in Cassazione i quesiti contro «la vergogna dello sfregio dell’articolo 18 e dell’art.8» . Questo ha aggiunto «è già  un pezzo di programma perché per ricostruire la relazioni umane c’è bisogno di ripartire dalla civiltà  del lavoro e ricollocare il lavoro in una terra di diritti».
Assente per motivi personali Maurizio Landini, segretario generale della Fiom. Al suo posto, Michele De Palma: «Ci sono il Sulcis, l’Alcoa, l’Ilva, i lavoratori che salgono sulla torre, che si tagliano le vene. Siamo in grado di pensare che sono questioni centrali nel dibattito politico e non interessano solo le organizzazioni sindacali?».
Poi è stata la volta di Paolo Beni, presidente dell’Arci: «Il governo ha annunciato con molta enfasi che la crescita è la priorità ; l’agenda presentata in realtà  è una carta di intenti con molti annunci e poche scelte, tutte di austerity. Ma la strategia dei due tempi non regge: non ci sarà  mai crescita solo con i tagli di spesa, è folle e irragionevole affrontare una fase pesante di recessione avendo azzerato le politiche sociali e la spesa per sostenerle: da 2 miliardi del 2008 ai 36 milioni di cui parliamo oggi». Infine da Carlo Donolo, (università  La Sapienza) un’indicazione ai movimenti: «Un grosso limite di questa situazione è che le soggettività  che potrebbero sostenere il modello alternativo sono a livello di buone pratiche, il passaggio alla politica non lo vogliono fare».


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