by Sergio Segio | 21 Settembre 2012 6:23
MILANO – «Unipol è lontana dai tradizionali salotti di potere della finanza italiana e soprattutto è lontana da Mediobanca», dichiarava l’ad di Unipol Carlo Cimbri al Financial Times il 26 giugno scorso, quando ancora la battaglia per il controllo dell’impero Ligresti non si era conclusa a suo favore. Dichiarazioni facili visto che l’autorità antitrust, per dare il via libera all’operazione Unipol, ha imposto che la partecipazione del 3,83% di Fonsai in Mediobanca venga alienata il più presto possibile. E nonostante ciò, grazie all’artificio dell’escrow account (un conto di deposito gestito da un terzo dove è stata posizionata la quota), Cimbri avrà tempo fino a fine 2013 per vendere quella quota dovendola tra l’altro offrire in prelazione ai partecipanti del gruppo B del patto di piazzetta Cuccia. Fuori dal salotto Mediobanca, dunque, ma con le dovute maniere, senza disturbare il manovratore che, tra l’altro, ha appena finito di collocare i due aumenti di capitale per 2,2 miliardi che hanno permesso a Unipol di prendere il controllo di Fonsai.
Tuttavia sembra che Cimbri abbia molta meno fretta di uscire dal patto di sindacato Rcs, dove ancora la Fonsai controlla una partecipazione pari al 5,4%, acquistata da Ligresti nel lontano 2004. «Siamo appena arrivati, è tutto prematuro», ha detto ieri Cimbri ai giornalisti che gli chiedevano quali siano le intenzioni su quella quota, smentendo contatti con Diego Della Valle per un’eventuale vendita. Oggi si riunisce il patto Rcs e il cda Fonsai ha deciso ieri di non sostituire il suo rappresentante Massimo Pini, scomparso la scorsa estate. Sarà il prossimo consiglio, targato Unipol e che si insedierà a fine mese, a decidere chi entrerà in quel salotto per conto del sistema Coop. E, a distanza di pochi mesi dalle elezioni, c’è da scommettere che quella quota in Rcs non verrà alienata tanto presto. Nel 2004 si diceva che Ligresti e Geronzi (quest’ultimo per conto di Capitalia) erano entrati nel patto Rcs per controbilanciare la tendenza a sinistra che Giovanni Bazoli e Alessandro Profumo potevano esercitare sul Corriere della Sera. Ma Profumo, qualche giorno dopo, sbattè la porta e uscì dal cda e dall’azionariato prendendo le distanze dai giochi di potere intorno a via Solferino. Sembra passato un secolo, ma oggi la Unipol di Cimbri, manager considerato molto vicino a D’Alema, entra nel salotto editoriale, forse per controbilanciare le spinte “liberali” di Giuseppe Rotelli, primo azionista singolo, o “l’estremismo di mercato” di John Elkann, capo di una Fiat più americana che italiana. Quanto a Bazoli, è sempre lì a vigilare che gli equilibri non si rompano mentre Geronzi e Ligresti sono stati bruscamente estromessi.
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