Una nuova guerra d’Algeria per il centenario di Camus

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PARIGI — I fatti, in breve: l’anno prossimo sarà  il centenario della nascita di Albert Camus, la figlia Catherine prepara in suo onore una grande esposizione a Aix-en-Provence affidandola prima allo storico Benjamin Stora, che a fine luglio è stato licenziato, e poi al filosofo Michel Onfray, che due giorni fa è scappato a gambe levate parlando di «nave dei folli».
Difficoltà  di finanziamento, problemi organizzativi, incompatibilità  caratteriali? Sarebbe riduttivo. Ecco quel che pensa Michel Onfray dell’«affare Camus»: «Un bailamme dove si mescolano in modo irragionevole ego sovradimensionati, la volgarità  disgustosa dei politici di professione, le patologie mentali, gli intrighi dei clan, le amicizie di ex combattenti di estrema sinistra riconvertiti nell’opportunismo social-democratico, l’arroganza dell’impotenza universitaria, la stupidità  di una ministra che confonde uso pubblico dei fondi e punizione ideologica, il velleitarismo delle istituzioni culturali, il doppio linguaggio di quello, la schizofrenia dell’altro, il tutto sullo sfondo di guerre biliose organizzate e orchestrate dal giornalismo parigino. Benedico questa avventura per avermi fatto scoprire una simile nave dei folli, ma non ne posso più. In Francia l’atmosfera intellettuale è sempre di guerra civile», sostiene il filosofo.
La figlia di Camus, Catherine, che pure aveva chiamato Onfray al posto di Stora, reagisce volando più basso: «Non so spiegarmi la decisione di Michel Onfray ma per correttezza avrebbe potuto contattarmi prima di dedicarsi a questo colpo mediatico. L’ho incontrato e ho fatto in modo di mettere il lavoro di Camus a sua disposizione. Forse non sono una grande specialista dell’opera di Camus ma conosco mio padre e quel che mi ha insegnato: lealtà  e misura. Sembra che il signor Onfray non abbia colto questi valori nell’opera di mio padre. Peccato». La guerra civile intellettuale evocata da Onfray, autore mesi fa di un ponderoso e fortunato saggio su Camus, si combatte sull’autore dello Straniero e attraverso di lui sulla guerra di Algeria, piaga eternamente aperta che il presidente Hollande vorrebbe chiudere con un viaggio di riconciliazione ad Algeri, nel cinquantenario degli accordi di Evian.
Perché è così difficile organizzare una mostra su Camus? Stora, storico della guerra di Algeria, voleva parlare dello scrittore schierato contro il colonialismo, che denunciava le torture dei paracadutisti francesi e protestava contro le condanne a morte eseguite tra gli oppositori algerini. Stora ha scritto «La guerra d’Algeria», edito in Italia dal Mulino, dove enumera gli eufemismi usati per anni in Francia a proposito di quella guerra: prima «avvenimenti», poi «operazioni di polizia», poi «azioni di mantenimento dell’ordine», infine «opere di pacificazione», mai guerra. E Stora poi ha denunciato il ruolo che in quella tragedia ebbe Franà§ois Mitterrand, nobile abrogatore della pena di morte appena arrivato all’Eliseo nel 1981, ma controfirmatario di centinaia di esecuzioni di algerini, da ministro dell’Interno e della Giustizia che rifiutò le richieste di grazia.
Aix-en-Provence è la città  dei pieds-noirs, i francesi rientrati nella metropoli dopo il 1962, e degli harkis, gli algerini dalla parte della potenza coloniale costretti a lasciare il Paese. Il sindaco di destra, Maryse Joissains, non aveva fatto mistero dei suoi dubbi sull’opportunità  di affidare la mostra su Camus a Stora. Così, silurato lo storico anti-colonialista, Onfray che lo ha sostituito è diventato automaticamente, per gli amici di Stora e gran parte dell’ambiente accademico e politico, un intellettuale un tempo di sinistra ma ormai difensore dell’Oas e dell’Algeria francese. E la ministra della Cultura, la socialista Aurélie Filippetti, ha ritirato i fondi alla mostra evocando all’improvviso le note ristrettezze di bilancio. Nessuno considera più Camus, come faceva Jean-Paul Sartre, «un filosofo da liceali», ma parlarne serenamente, in Francia, è ancora impossibile.


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