Una convention sotto assedio e gli ostacoli di Obama

by Sergio Segio | 4 Settembre 2012 7:05

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CHARLOTTE (North Carolina) — «Tutto col 25 per cento di sconto»: il negozio ufficiale della campagna Obama-Biden vende a saldo (online) t-shirt, tazze e altri memorabilia del presidente. Ottimo per le tasche dei supporter democratici che in questo lunedì festivo del Labor Day trasformano la convention non ancora iniziata in festa popolare. Ma a qualcuno possono sembrare saldi di fine stagione per svuotare i magazzini. Un messaggio a doppio taglio, così come l’omaggio offerto agli «stati generali» della sinistra dai ragazzi di Myrtle Beach, celebre spiaggia della Carolina: una statua di sabbia di Obama, roba non necessariamente beneaugurante.
Storie minori ma simboliche di questa convention di Charlotte che per il presidente in difficoltà  si presenta come una corsa a ostacoli, disseminata di insidie. La notizia migliore per Barack Obama, è che Mitt Romney ha sprecato le sue cartucce: un sondaggio Gallup certifica che il suo discorso alla convention di Tampa, la scorsa settimana ha avuto un impatto sugli elettori prossimo allo zero, è stato il peggiore degli ultimi trent’anni. Adesso, però, il presidente deve stare attento a non sprecare le sue, di cartucce. E a non essere colpito da «fuoco amico». Di rischi ne corre parecchi un po’ per le insidie di Charlotte, città  di un Sud che gli è ostile (anche se il North Carolina è considerato recuperabile dai democratici), sia per il profilo umano di certi suoi compagni di strada. In ogni caso uno slalom impegnativo per Barack.
Ostacolo 1, il fattore Bill. Clinton monopolizzerà  la serata di domani per desiderio della stessa campagna di Obama che riconosce all’ex presidente un carisma senza pari. È lui l’unico capace di parlare a tutte le anime, tutti i gruppi sociali democratici. Bill non ama Barack, ma ha promesso di mettercela tutta per sostenere un leader al quale una volta cercò di tagliare la strada dicendo a Ted Kennedy : «Davvero vuoi come presidente uno che qualche anno fa ci avrebbe portato le valige?» (ricostruzione di Ryan Lizza sul New Yorker di ieri). Certo, oggi è diverso e Bill è un pragmatico, ma battute infelici e incidenti di percorso dei mesi scorsi dicono che a volte in lui l’istinto prevale sulla ragione.
Ostacolo 2, il fattore Joe. Il rischio che il vicepresidente Joe Biden faccia un autogol con una delle sue celebri gaffe. Rischio minimizzato trasferendo il suo discorso da domani a giovedì: parlerà  prima di Obama, che monopolizzerà  tutti i titoli.
Ostacolo 3, i «disertori». Alcuni senatori di peso (Tester del Montana, Manchin del West Virginia McCaskill del Missouri) non ci saranno. Devono affrontare il voto in collegi con un elettorato molto conservatore e il bagno nel popolo della sinistra rischia di essere per loro controproducente. Mancheranno anche moltissimi deputati impegnati nella campagna elettorale. Un caso imbarazzante che il partito ha risolto dando una dispensa a chi, dovendo essere rieletto, preferisce restare a lavorare nel suo collegio. «La verità  â€” ironizza Paul Lindsay, uno dei portavoce repubblicani al Congresso — è che, con un Obama così poco popolare, per molti di loro andare alla convention è come andare dal dentista».
Ostacolo 4, i contestatori di Occupy. A Tampa piogge torrenziali e polizia hanno fatto pressoché sparire le manifestazioni di dissenso. A Charlotte la sinistra radicale promette, invece, di farsi sentire. Forse sarà  solo una contestazione festosa e i democratici che, a differenza dei repubblicani, hanno scelto di non «blindare» la convention, hanno fatto una scelta ammirevole e coraggiosa. Ma anche rischiosa.
Ostacolo 5, la sfida dello stadio. Quando inaugurò la campagna, nell’arena della Ohio University, Obama parlò davanti a 14 mila persone, ma il palasport poteva contenerne 18 mila. Le immagini dei vuoti negli spalti fecero il giro del mondo. Giovedì Obama parlerà  nello stadio di Bank of America che ha più di 70 mila posti. Il presidente lo vuole pieno e ieri il portavoce della campagna, Ben LaBolt, assicurava: «C’è gente che fa una fila di un miglio per avere il biglietto». Fonti ufficiose raccontano una storia leggermente diversa: dapprima i biglietti sono stati dati a chi offriva nove ore di lavoro come volontario. Ma i conti non tornavano e alla fine, con un po’ d’affanno, si è deciso di regalare biglietti a tutti, senza troppi controlli. Col rischio di ritrovarsi nello stadio rumorosi gruppi di contestatori repubblicani.
Alla fine l’unica sicurezza, per Barack, rimane la sua Michelle: la popolarissima first lady che stasera romperà  il ghiaccio della convention.
Massimo Gaggi

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