Tutti gli affari degli ex politici che la Ue non riesce a fermare
BERLINO — “Da servitori dello Stato a Paperoni”: l’accusa, lanciata da Der Spiegel nella cover story, è pesante. Gli ex della politica, in Germania, appena cadono passano subito agli alti piani dell’economia. Senza moratorie di due anni imposte invece per legge nel Regno Unito o negli Usa. Invano la Commissione europea cerca di convincere Berlino paladina del rigore a norme etiche più vincolanti.
Intendiamoci, non è che i tedeschi siano soli. Tony Blair ha guadagnato 20 milioni di sterline come consulente (un milione solo per tre ore di lavoro con una super consulenza in Qatar), Bill Clinton solo nel 2011 ha incassato 13,4 milioni di dollari con conferenze, Mikhail Gorbaciov guadagna per conferenze o spot pubblicitari, come per Louis Vuitton. Ma ci sono differenze abissali. Blair, Clinton e Gorbaciov sono pensionati del potere da decenni. A Blair dobbiamo nuove idee per la sinistra mondiale, a Clinton un’America risanata prima della rovina di Bush junior. All’ex ultimo presidente sovietico, in primis, andrebbe perdonato tutto in cambio della fine non violenta dell’Impero del Male, del coraggio con cui negoziò con Walesa, Wojtyla, Bush senior, e poi visse il golpe dei nostalgici, o affrontò la prematura morte di Raissa, amore della sua vita. Per non parlare della sua pensione da fame a Mosca.
In Germania è diverso, scrive Der Spiegel.
I politici si preparano un futuro da lobbyisti quando sono ancora in carica. Sebbene la Costituzione garantisca loro lo stipendio “uscente” (cancelliere, ministro, deputato) per 18 mesi dopo la perdita democratica del potere. A troppi di loro, non basta, denuncia Timo Lange, responsabile parlamentare del controllo sul lobbyismo, che vive con 2604 euro al mese e lavora in 12 metri quadrati in un casermone di Berlino Est. Cominciamo dal padre della riunificazione Helmut Kohl. Pochi mesi dopo aver perso le elezioni contro Gerhard Schroeder, accettò dal magnate delle tv Leo Kirch un contratto per 600mila marchi l’anno. Peggio che mai Schroeder, il rinnovatore della Spd. Dieci giorni prima della disfatta elettorale del 2005, firmò con Putin il contestato accordo per il gasdotto Russia-Germania che aggirava la Polonia (partner-chiave in Ue e
Nato) evocando il patto Molotov-Ribbentrop. Cento giorni dopo, Putin lo nominò presidente del consiglio di sorveglianza del gasdotto (250mila euro annui, oltre alla pensione da ex) e primo lobbyista di Mosca in Germania. La lista di Der Spiegel continua.
Joschka Fischer, ex ministro degli Esteri di Schroeder, cominciò subito a fare da consigliere e testimonial per i supermercati Rewe o per Bmw. Ernst Uhrlau, ex capo dei servizi di obbedienza spd, stimato per l’impegno contro i neonazi, è diventato subito consulente di Deutsche Bank, cioè pagato molto meglio di Angela
Merkel. Dieter Althaus da governatore democristiano della Turingia è salito ai piani alti del global player austriaco Magna, dopo aver appoggiato invano Magna contro Fiat nella scalata a Opel. Pecunia non olet, il denaro non puzza. Ma dalla prima potenza dell’eurozona, che esige rinunce brutali ad Atene e altrove, ci si aspetterebbe più coerenza.
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