by Sergio Segio | 2 Settembre 2012 12:30
Da un progetto “carbone pulito” non economicamente valido siamo passati a un progetto che va rivisitato. Adesso sta a noi vigilare perché tra 4 settimane il piano sia pronto, senza che passi un altro anno — ha detto Stefano Meletti, il delegato sindacale Uil che ha parlato davanti ai colleghi —. Ora abbiamo bisogno di idee e non di persone armate di coltelli o pistole (è stato lui a ferirsi il braccio davanti ai giornalisti mercoledì, ndr). Questa l’abbiamo chiamata “l’ultima occupazione”, non credo che ce ne saranno altre». Mentre Giancarlo Sau, Rsu Cgil, ha voluto ringraziare i colleghi per aver garantito la manutenzione degli impianti da quando è cominciata la protesta. E pazienza per le parole del ministro dell’Ambiente Corrado Clini: «Sulla possibilità di fare sequestro di CO2 a Carbosulcis ci sono perplessità da un punto di vista della fattibilità ». Ci si penserà da domani.
Qui la tensione si è allentata, e i 443 dipendenti sono più sereni (per poco, il ministero dello Sviluppo economico di fatto chiederà al Parlamento una proroga di «6 mesi, massimo un anno» della scadenza prevista dalla legge 99/2009 per il bando di affidamento della relativa concessione). Ma nella vicina Alcoa, a Portovesme, è cominciato lo stop agli impianti: nel pomeriggio è stata chiusa la prima cella elettrolitica. Il completamento del processo di fermata richiederà alcune settimane: poi si porrà il problema dei 501 addetti diretti della multinazionale dell’alluminio e degli altri impiegati nell’indotto, 900 persone tra Sardegna e Veneto. Gli operai minacciano, per mercoledì, una «marcia su Roma». Resta poi, sempre nel Sulcis, il nodo di Euroallumina: 400 dipendenti di cui il 20% è impegnato nella manutenzione dell’impianto, gli altri sono già in cassa integrazione.
Le vertenze alle porte riguardano tutta Italia. Di tavoli aperti ce ne sono 150, coinvolgono 180.000 lavoratori e oltre 30.000 esuberi. È la peggiore crisi industriale dell’ultimo ventennio. Si va da un settore all’altro, investe grandi e piccoli. Fincantieri, per esempio, occupa oltre 9.000 dipendenti, ha 1.300 esuberi, ma i livelli di cassa integrazione straordinaria, secondo il segretario generale Uilm, Rocco Palombella, sono più del doppio. C’è la Lucchini, l’acciaieria in crisi con la chiusura ad agosto dell’altoforno di Piombino per carenza di ordini. Per i 1.943 lavoratori, contratti di solidarietà , mentre gli enti locali chiedono al ministero un tavolo nazionale. Per la ex Merloni la vertenza è ancora aperta dopo la cessione di tre stabilimenti all’imprenditore della Qs Group. E non va bene neppure a Electrolux, 800 esuberi su 7.000 dipendenti (230 sono già usciti grazie a esodi incentivati), a Indesit (4.500 dipendenti e 360 posti a rischio) e alla Fiat di Termini Imerese (1.300 posti a rischio dopo che è sfumata l’ipotesi di impegno da parte di Dr Motors). Irisbus in cassa integrazione, Natuzzi l’ha chiesta per 1.300 su 2.700. E ancora le vertenze di Omsa, Miroglio e decine di altre piccole aziende che stanno chiudendo. Crisi nel settore costruzioni (-5,1% nel secondo trimestre 2012 con il picco di -10,1% al Sud), in quello dei voli (Windjet ha avviato la procedura di mobilità per 250 lavoratori, Meridianafly è in mobilità da inizio anno), e nel turismo (Valtur e Alpitour). In serata, sul nodo vertenze, si è espressa anche Susanna Camusso, Cgil, che ha definito «incomprensibile» l’atteggiamento del governo nei confronti degli operai Alcoa, ha proposto che sia la Cassa depositi e prestiti ad acquisire lo stabilimento e infine ha bacchettato il ministro Fornero sui «torinesi sgobboni»: «Affermazioni demenziali»
Sarà un autunno nero. E non è un modo di dire.
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