Tre battaglie in una, l’autunno caldo del Pd

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E questo è solo il ‘preambolo’ per Matteo Orfini, che oggi a Reggio Emilia sarà  tra i pezzi forti dell’assemblea dei ‘turchi’ in una sala a pochi passi dalla festa nazionale del Pd. Oltre ai dirigenti (Roberta Agostini, Fassina, Mancuso, Orlando, Raciti, Verducci e Zoggia) ci sarà  una bella squadra di amministratori, il presidente della Toscana Enrico Rossi in testa. Chiederà  non precisamente la «rottamazione» dei big ma il «rinnovamento del partito». La parola è meno indigesta, le motivazioni lo sono di più: «Abbiamo un gruppo dirigente che è andato al governo due volte, per due volte non ha fatto tutto bene e infatti poi ha perso alle elezioni». E così la corrente ‘Rifare l’Italia’ inizia la corsa delle primarie (replica secca di Orfini: «Non è una corrente, non chiediamo posti, facciamo battaglie politiche non per una parte del Pd ma per tutto il Pd»).
Ma neanche a dirlo, c’è una parte del Pd che le idee dei turchi non le vuole vedere neanche dipinte. Risultato: nel Pd c’è mare a forza 15. La battaglia pro e anti Monti si sovrappone a quella delle primarie, ma quella delle primarie è la prosecuzione della battaglia congressuale con altri mezzi: le assise, invocate ma poi non convocate nella scorsa stagione, si svolgeranno poco dopo il voto politico.
Dunque l’autunno caldo del Pd parte ufficialmente oggi, con l’attacco dei turchi. Il segretario scongiura i suoi di abbassare i toni e parlare al paese in ginocchio – così promette di fare domani alla conclusione della festa – visto che lo scontro tutti-contro-Renzi sta producendo solo vantaggi mediatici a vantaggio del sindaco di Firenze. Che prepara i fuochi artificiali per il lancio del tour delle primarie, il 13 settembre.
Fin qui la maggior parte dei big è schierata con il segretario. Anche i popolari, montiani e centristi. E anche Enrico Letta, il più montiano dei vertici Pd, resta accanto al segretario. «Dev’essersi convinto della necessità  di una svolta nelle politiche contro la crisi», ironizza Orfini. Ma già  il 29 qualche pezzo potrebbe scollarsi: il secondo appuntamento del «gruppo per la continuità  dell’agenda Monti» – in pratica i liberal veltroniani senza Veltroni, che si tiene fuori dalla mischia – finirà  con un documento economico da sottoporre ai due candidati Pd. «A quel punto vedremo chi lo accetta», dichiara Stefano Ceccanti a Radio Radicale. Ma la risposta è scontata: ora Renzi punta a incarnare la parte del «continuista» con il governo, benché rottamatore e discontinuista con il suo partito.
La confusione aumenta e così il rumore intorno a sondaggi che darebbero Bersani all’inseguimento di Renzi, e Vendola terzo. E l’idea di proporre le primarie a doppio turno, l’ultima pensata del Nazareno per assicurare una percentuale consistente al vincitore, rischia di apparire solo un trucco per evitare brutte figure al segretario.


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