Tra punk, ska e reggae diversi ma uniti dalla musica multietniche

by Sergio Segio | 14 Settembre 2012 7:01

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ROMA. Igor Sustin è ucraino e fa il facchino a Roma. Roberta Togni, italiana, insegna equitazione ad Ariccia. Cosa li unisce? Semplice: la musica. Entrambi suonano nella Med Free Orkestra. Igor il trombone e Roberta il sassofono. Perché l’Italia è il Paese delle orchestre multietniche, prima in Europa con ben quindici band all’attivo: dalla Orchextra Terrestre di Trieste alla Ritmo Live di Messina. E il primato dei primati spetta Roma, forte di cinque gruppi. Insomma, a suonare non c’è più solo l’Orchestra di Piazza Vittorio, consacrata in un film e celebrata anche all’estero. «Gli ensemble multietnici attivi in Italia sono oggi molti di più — spiega Francesco Fiore, leader della Med Free Orkestra — e accolgono musicisti provenienti da tutti e cinque i continenti». Fiore ha condotto una ricerca per il Mei (Meeting delle Etichette Indipendenti), che verrà  presentata il 30 settembre a Faenza. Ecco i risultati. Oggi le orchestre presenti sul territorio nazionale sono quindici, «per limitarsi a quelle discograficamente attive», con un numero di componenti che va dagli 8 ai 25 per ogni ensemble. In tutto si tratta di 180 musicisti, provenienti da 28 paesi diversi. «Questo fa dell’Italia — si legge nella ricerca — la nazione in Europa con la maggiore presenza di bande multietniche ». Record a Roma con cinque orchestre: dalla capostipite Orchestra di Piazza Vittorio alla Orchestra femminile del 41° parallelo; dalla Precharija Roma Orkestar alla Orchestra Multietnica Garbatella (OGM), fino alla Med Free Orkestra. I generi suonati? «Tutti — risponde Giordano Sangiorgi, organizzatore del Mei — dal rock al punk, dallo ska al reggae. Sono gruppi difficilmente etichettabili, che non si fanno rinchiudere in un ghetto musicale. In questi anni ho visto crescere molte realtà  con la multietnicità  nel Dna, come i Mau Mau — prosegue Sangiorgi — ma i risultati di questa ricerca sono stati una sorpresa: raccontano di un incrocio di culture che ormai funziona, come nel caso dell’hip hop che vive felicemente del connubio tra vecchi e nuovi italiani». Ogni orchestra ha la sua storia, a partire da quelle “storiche” come la Brigata Internazionale fondata da Daniele Sepe a Napoli o l’Orchestra di Piazza Vittorio ideata da Mario Tronco e Agostino Ferrente nel 2002 a Roma, dopo il salvataggio del vecchio cinema Apollo che rischiava di diventare l’ennesima sala bingo della capitale. Fondata grazie all’autotassazione di alcuni cittadini, l’orchestra romana ha garantito posti di lavoro e permessi di soggiorno a molti musicisti stranieri. Più recente è l’Orchestra multietnica di Arezzo, nata nel 2007 e forte della collaborazione di Raiz degli Almamegretta. È oggi la più grande, con 25 musicisti provenienti da Albania, Palestina, Libano, Argentina, Colombia, Bangladesh, Messico e Italia. L’ultima nata, all’inizio del 2012, è invece l’Orchestra della Garbatella Multietnica a Roma con i suoi dodici musicisti internazionali. «Presto avremo un coordinamento tra tutti noi, forse un festival — promette Fiore della Med Free Orkestra (Mfo) — e a breve dovremmo mettere on line una compilation». Il successo di queste formazioni è confermato dal fatto che «oggi le uniche a portare all’estero la musica italiana sono loro — sostiene Sangiorgi — assieme alle orchestre che recuperano le musiche tradizionali del territorio, come per esempio la tarantella». Alcuni gruppi multietnici hanno avuto un’origine “istituzionale”. È il caso della Orchestra di Porta Palazzo, nata nel 2004 col progetto “Periferie” del comune di Torino nel quartiere a più alto tasso di immigrati della città . «Alcune band scaturiscono da un’idea volutamente interculturale — spiega Fiore — altre hanno raggiunto lo stesso obiettivo in modo spontaneo e involontario. È la nostra storia: nel marzo 2010 abbiamo deciso di mettere in piedi un’orchestra di musica mediterranea. Ci mancavano degli strumenti e il caso volle che i candidati migliori fossero di origine straniera. Un processo naturale, indice di una riuscita integrazione». Le parole di Igor, trombone della Mfo, esprimono bene l’idea senza retorica: «Io non voglio trovare le differenze, stiamo bene insieme. La musica basta ed è il punto d’unione».

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