by Sergio Segio | 30 Settembre 2012 7:25
E se ci abbassassero le tasse di 30 miliardi saremmo contenti ». Le cose, però, non stanno proprio così. E l’affanno del governo nel disboscare i trasferimenti improduttivi lo dimostra. «È un discorso molto intelligente », ha concesso il ministro Passera. «Stiamo già lavorando con Confindustria e non solo sul rapporto
Giavazzi».
FISCO ALLE STELLE
Su un punto Squinzi centra il problema. La pressione fiscale sulle imprese italiane è stellare. Secondo la Banca Mondiale, sommando le due zavorre – tasse e burocrazia – si arriva al 68,5%, venti punti secchi sopra la Germania, con la media Ue al 44,2 e la media mondo al 47,8. Un’enormità . Solo la Francia ci tallona al 65,8%. Mentre gli Stati Uniti sono al 46,7, il Regno Unito al 37,3 e l’Irlanda al 26,5. Un recente studio di Infocamere, che mette sotto la lente i bilanci di 350 mila società di capitali non quotate, calcola che le sole imposte si mangiano in media il 56% degli utili lordi. Più della metà : un salasso. A questo si sommano almeno 26 miliardi di oneri burocratici
pagati ogni anno dalle Pmi allo Stato. Le imprese sono stremate.
IL PIANO GIAVAZZI
L’economista della Bocconi ha individuato in 10 miliardi annui sui 36 totali, la quota di trasferimenti dal settore pubblico alle imprese che si può eliminare perché inefficace in termini di maggiori investimenti e produttività . Ebbene dal mese di maggio ad oggi questo studio è stato sviscerato dal governo, che però contava di destinare le risorse recuperate non tanto all’erosione del cuneo fiscale (la differenza tra il costo del lavoro per l’impresa e il salario netto del lavoratore), come suggerito da Giavazzi. Quanto piuttosto ad evitare l’aumento Iva del prossimo luglio. Il Piano è però quasi fallito. L’obiettivo prima è stato portato a 3,5 miliardi, poi ridicolizzato in 3-400 milioni. Con tutta evidenza, rimodulare gli aiuti a pioggia si è rivelato più complicato del previsto. Anche per la resistenza di lobby e comparti vari.
MOLTI SPRECHI E POCA RICERCA
Le risorse pubbliche trasferite negli ultimi anni alle imprese sono ingenti. Nel periodo 2005-2010 il ministero dello Sviluppo ha censito 78 interventi nazionali e ben 1.082 regionali. Per un totale di 45,7 miliardi di agevolazioni e 33,6 di erogazioni. Ma se si guarda ai soli “aiuti” in senso stretto, quelli arrivati alle imprese senza richieste di contropartite, il conto effettuato dalla Ragioneria dello Stato si fa interessante. Visto che la cifra – tra i 6,8 e i 9,6 miliardi nel 2011 – è del tutto compatibile con l’obiettivo Giavazzi. E qui si tratta di incentivi (diretti, fiscali, contributivi e previdenziali) alle sole aziende del privato, esclusi i fondi strutturali europei, quelli generati dagli enti locali o altri enti e quelli destinati alle imprese come Trenitalia e Poste che erogano servizi per conto dello Stato. Un po’ più di quanto Squinzi intende mettere sul piatto per lo scambio con il governo. Nel periodo 2007-2011, poi, solo una quota ridicola dei 43 miliardi totali, appena il 4,3% è finita alla ricerca. L’unica che vale la spesa, secondo gli economisti. Mentre il 18,3% è stato destinato all’aeronautica (difesa inclusa, quasi 8 miliardi), il 6,9% al navale e, a sorpresa, il 6,4% al settore auto (2,7 miliardi), sotto forma di credito d’imposta. Con buona pace di Marchionne.
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