Spese folli e debito, trema anche Reggio Calabria

by Sergio Segio | 23 Settembre 2012 8:09

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LA CALABRIA è la prossima bomba pronta esplodere nel Pdl. Angelino Alfano lo sa. Lo sanno tutti i notabili del partito, che per questo stanno facendo pressione sul governo Monti. Pressione, soprattutto, sul ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri. Al Viminale sono arrivate carte che scottano, 400 pagine di relazione prefettizia sulle infiltrazioni mafiose del comune di Reggio Calabria. Sono secretate, per ora non può averle neanche la commissione parlamentare antimafia, ma in base a quelle carte — nelle prossime settimane, e comunque entro fine ottobre — il consiglio dei ministri dovrà  decidere
se sciogliere il comune di Reggio. Sarebbe la prima volta, per un capoluogo di provincia. E però, sarà  difficile scegliere altre strade.
Nel mirino ci sono i 10 anni di governo dell’attuale presidente della Calabria Giuseppe Scopelliti, sindaco dal 2002 al 2010, ancora influente, a dir poco, sull’attuale amministrazione di Demetrio Arena. Sono gli anni del modello Reggio, delle assunzioni facili, di soldi sperperati in feste sul lungomare, dirette televisive, dj e tronisti da asporto, megaconcerti pop. «Un’operazione di marketing
volta al finanziamento continuo di tutto quello che non serve alla città », dice oggi l’ex vicesindaco dell’era di centrosinistra Demetrio Naccari. Ma soprattutto, sono gli anni chiusi con 170 milioni di euro di buco di bilancio (lo hanno certificato gli ispettori del ministero dell’Economia) di cui 80 milioni «sicuro oggetto di azioni illecite», come ha scritto la procura. Alcune di queste azioni le ha commesse Orsola Fallara, persona di fiducia di Scopelliti messa a capo del settore Finanze e Tributi. Si era liquidata come dirigente del comune un milione e mezzo di euro in consulenze. E nello stesso modo aveva pagato altri sodali dell’allora sindaco.
Scoperta, è stata abbandonata al suo destino. Si è uccisa davanti al mare il 17 dicembre del 2010 bevendo acido muriatico.
Su questa vicenda, Scopelliti è indagato per falso. Alla Camera, qualche tempo fa, spiegava al cronista che lui di bilanci non ha mai capito nulla, che della Fallara si fidava, che firmava trenta delibere al giorno
senza leggerle tutte. Insomma, che poteva non sapere. Forse non sapeva neanche che Pino Plutino, consigliere comunale pdl, ex Udc, era il referente in comune della cosca Caridi, alla quale faceva favori (interveniva per assunzioni)
in cambio di voti. Che Dominique Suraci, altro consigliere comunale dell’era Scopelliti, poi assessore con il reggente Peppe Raffa, arrestato per concorso in associazione mafiosa e bancarotta fraudolenta, era proprietario di fatto
di sei supermercati e garantiva la pax mafiosa sullo scaffale: dalla carne, al latte, ai cartoni, tutti i clan venivano accontentati. Non sapeva che Manlio Flesca, in giunta con lui, aveva fatto pressioni per far assumere la moglie di uno dei Barbieri: è a processo per corruzione aggravata dal metodo mafioso. Oppure che il consigliere regionale pdl Santi Zappalà  è stato condannato a 4 anni
in primo grado perché pizzicato a chiedere voti in casa del boss Giuseppe Pelle. Che l’altro consigliere Franco Morelli è in carcere perché nominò dirigente la moglie del giudice Vincenzo Giglio — secondo un’inchiesta milanese — in cambio di informazioni sulle indagini che riguardavano il boss lombardo Lampada. O che Antonio Rappoccio prometteva posti di lavoro attraverso cooperative fittizie. Aveva anche fatto fare gli scritti ai candidati. L’orale, era previsto dopo le elezioni. Ma soprattutto, Arena e Scopelliti potevano non sapere che la Multiservizi — società  partecipata dal comune per tutte le manutenzioni pubbliche — era infiltrata dalla ‘ndrangheta tramite il direttore operativo? Giuseppe Rechichi, arrestato, era anche socio occulto per conto dei Tegano.
Se il comune di Reggio Calabria venisse sciolto per mafia, come suggerirebbe la logica, Scopelliti non potrebbe non pagarne il prezzo. E la bufera travolgerebbe la regione. Per questo il Pdl, e l’Udc, che in Calabria lo sostiene ovunque, sono entrati in agitazione. Ma c’è un’altra spada che pende sugli amministratori del centrodestra. Reggio è di fatto in bancarotta, aspetta i soldi delle aree metropolitane per tappare i buchi, ma il prefetto potrebbe decidere di dichiararne il dissesto. Se sarà  così, partirà  un procedimento in Corte dei Conti sia su Arena che su Scopelliti. In caso di condanna, scatta l’ineleggibilità . E quindi, la decadenza dal mandato.
Si continua a ballare sul Titanic, nello Stretto. Non è detto però che l’orchestrina possa continuare a lungo.

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