Sos Aurora affonda l’icona della rivoluzione bolscevica

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SAN PIETROBURGO. La Rivoluzione fa acqua, scricchiola, rischia di affondare miseramente proprio davanti al molo. I suoi cannoni sono ancora puntati verso la riva opposta della Neva, contro il Palazzo d’Inverno. Ma sono scarichi e arrugginiti, non fanno più paura. L’incrociatore Aurora, il simbolo dei simboli della Rivoluzione russa, la nave degli eroi che diede il via alla riscossa del popolo, marcisce in un’ansa del fiume di San Pietroburgo con le bandiere che sventolano e i turisti che la visitano come una tappa obbligata del loro pacchetto organizzato.
Dal 1987, da quando non fa più parte della Marina russa, l’Aurora attende ancora una manutenzione che per le navi “vere” va fatta ogni cinque anni. Ma la ditta comunale, che ce l’ha in carico insieme a statue, parchi e fontane del quartiere Posadskij, non ha idea di come trattare una nave da guerra. Le “armature di fondo” e i sistemi anti incendio rischiano di cedere. Nel fondo dello scafo, i segnali sono inquietanti. Ma dicono poco allo strano equipaggio di tre bigliettai e una guida che indossano, solo negli orari di apertura al pubblico, una finta divisa da marinai. E che fanno un bell’incasso: un milione di visitatori all’anno con il biglietto che costa due euro e mezzo per i russi e sette e mezzo per gli stranieri. Per il comune è già  stato molto doloroso rinunciare alle entrate garantite dall’affitto della nave agli oligarchi più capricciosi. Accadde che una sera del 2009 il miliardario Mikhail Prokhorov allestì sul ponte del sacro incrociatore una festa con giovani modelle, fiumi di vodka, e varie sostanze eccitanti. Lo sdegno dei comunisti e la riprovazione di mezzo mondo chiusero di fatto la parentesi dell’affitto a privati. Forse pentito, Prokhorov si offre adesso di acquistare l’Aurora e di restaurarlo a spese proprie. Ma il Comune non ci sta a perdere una così alta fonte di reddito e la cosa rischia di arenarsi.
Un peccato perché l’Aurora non è solo un simbolo bolscevico. Tra i pochi superstiti della disfatta di Tsushima contro i giapponesi nel 1904, la nave fu tra le prime ad accorrere a Messina dopo il terremoto del 1908 quando il suo equipaggio si distinse per i soccorsi alla popolazione. Vecchia e malandata dopo aver combattuto nella Prima guerra mondiale l’Aurora era in bacino a San Pietroburgo nell’autunno del 1917. La frequentazione tra marinai e operai dei cantieri, in quei giorni di furore politico, trasformò l’equipaggio in una cellula di entusiasti bolscevichi. Furono proprio i marinai a imporre al comandante di sparare il colpo che scatenò i rivoluzionari a terra dando il via alla presa del palazzo d’Inverno.
Ma non è tutto. Nel ‘41, carico di gloria e decorazioni, l’antiquato incrociatore fu trasformato in batteria antiaerea galleggiante nei giorni epici dell’assedio dell’allora Leningrado da parte delle truppe naziste. I cittadini che piansero vedendolo affondare sotto le bombe della Luftwaffe, esultarono entusiasti, qualche anno, dopo alla decisione di rimetterla a galla e ancorarla a simbolo eterno di una Marina indomabile. Simbolo che adesso rischia di colare a picco per colpa della burocrazia, degli interessi di parte, dell’incuria. Cause molto più letali delle bombe e delle cannonate.


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