Siria, Save the Children: “Ecco le atrocità  raccontate dai bambini”

by Sergio Segio | 25 Settembre 2012 11:05

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ROMA – “Corpi di morti e feriti erano sparsi a terra ovunque, c’erano pezzi di cadaveri uno sull’altro e i cani hanno mangiato i resti per due giorni dopo il massacro”, racconta Hassan, un ragazzino di 14 anni, fuggito dal conflitto in Siria e rifugiato presso il campo di Za’atari in Giordania. Come lui Wael, di 16 anni, raccoonta: “C’era un bambino di 6 anni in quella stanza ed è
stato torturato più di tutti gli altri. E’ sopravissuto per tre giorni poi non ce l’ha più fatta ed è morto”. A sua volta Nur, una bimba di 9 anni, racconta: “Hanno usato di tutto per colpirci e ferirci,” e Khalid che ha 15 anni, aggiunge “Mi hanno appeso al soffitto per i polsi e poi hanno iniziato a colpirmi”.
Sono queste alcune delle terribili testimonianze raccolte da Save the Children nel rapporto “Atrocità  taciute”, per dar voce alle decine di migliaia di bambini e adolescenti siriani costretti ad abbandonare le loro case per raggiungere i campi rifugiati dei paesi confinanti con la Siria, dove l’Organizzazione opera da mesi per fornire a loro e alle loro famiglie aiuto e supporto. “In molti – afferma l’organizzazione – raccontano di essere stati vittime di attacchi brutali, di aver assistito alla morte di genitori, fratelli e sorelle, di altri bambini come loro, e di aver assistito o subito torture di ogni tipo”.

Con il rapporto Atrocità  Taciute, che raccoglie le testimonianze dirette di decine di bambine, bambini e genitori rifugiati in particolare in Giordania, Save the Children denuncia oggi le  crudeltà  subite dalle più vulnerabili tra le vittime del conflitto, e si appella alle Nazioni Unite perché vengano impegnate più risorse nella documentazione di tutte le violazioni dei diritti dei bambini in Siria, affinchè questi crimini non vengano più compiuti anche grazie all’impunità .
Le conseguenze del trauma subito dai bambini risultano evidenti, come constatano ogni giorno gli operatori di Save the Children che li stanno aiutando, attraverso un’assistenza specialistica, ad elaborare l’impatto psicologico devastante di ciò che hanno visto e subito. Alcuni di loro manifestano infatti comportamenti che arrivano all’autolesionismo non riuscendo a controllare le emozioni legate a quello che hanno vissuto, altri soffrono di incubi notturni, incontinenza o depressione.

“Si stanno commettendo atti di violenza orribili sui bambini in Siria. Un’assistenza adeguata potrà  aiutarli a superare lo shock subito, ma questi crimini devono essere raccontati e documentati perché chi ne è responsabile possa essere chiamato a risponderne – dichiara Valerio Neri, direttore generale di Save the Children Italia -. I nostri operatori non hanno ancora avuto accesso al territorio siriano, ma molti dei racconti dei bambini confermano le violazioni rilevate dalle Nazioni Unite e da altre organizzazioni per i diritti umani nei mesi scorsi. Per questo Save the Children lancia oggi una petizione internazionale rivolta all’Onu affinché venga riservata la massima attenzione ai crimini
perpetrati nei confronti dei bambini in Siria, che invitiamo tutti a sottoscrivere, e rinnoviamo il nostro appello di raccolta fondi per sostenere gli interventi più urgenti in tutta l’area.”

L’Organizzazione sta lavorando nei paesi confinanti con la Siria, in particolare ha allestito 25 “Spazi a Misura di Bambino” in Giordania  e 17 in Libano. Distribuiti in diversi campi profughi e comunità  che ospitano i rifugiati, gli “Spazi a Misura di Bambino” sono frequentati quotidianamente da migliaia di bambini che lì possono svolgere, in un luogo sicuro e con il supporto di personale specializzato, attività  individuali e di gruppo psico-sociali e ludico-educative che li aiutano a superare il trauma subito e a riprendere le loro vite. Save the Children ha anche promosso programmi educativi estivi e programmi per l’inserimento del maggior numero possibile
di bambini rifugiati nelle attività  scolastiche locali del Libano e della Giordania, con la risistemazione e l’adeguamento in alcuni casi delle strutture scolastiche esistenti, la fornitura di materiali scolastici e di borse di studio. L’Organizzazione è inoltre presente nei due paesi con la
distribuzione alle famiglie rifugiate di vestiti, scarpe, kit igienici e per il parto, coperte e voucher per l’acquisto di cibo, e, in alcune aree, con assistenza medica attraverso cliniche mobili. In Libano è prevista a formazione di operatori sanitari di comunità  che possano fornire assistenza e consulenza capillare in particolare alle donne incinta e alle neomamme su allattamento, nutrizione e igiene.

 

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