Silvio Soldini: “Ora vi racconto l’Italia di oggi con leggerezza”

by Sergio Segio | 29 Settembre 2012 6:43

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ROMA. «Che tristezza. Lo so che detto da me è brutto, ma forse sarebbe stato meglio lasciarla all’Austria ». È il commento di Garibaldi sull’Italia, dall’alto della sua statua si guarda intorno amareggiato, deluso e anche indignato perché da una ventina di anni sulla sua piazza è arrivata la statua di un certo cavalier Cazzaniga, non si capisce bene se era del Pdl o protoleghista, uno con un marcato accento milanese che gliene dice di tutti i colori e lo provoca chiamandolo Comandante invece che Generale.
Il comandante e la cicogna è il film di Silvio Soldini che, prodotto da Lumière, uscirà  il 18 ottobre distribuito dalla Warner. Nel cast Valerio Mastandrea, Alba Rohrwacher, Giuseppe Battiston, Claudia Gerini, Luca Zingaretti.
Nel film lei fa parlare anche le statue?
«Ci sono anche Verdi che canta Va’ pensiero e Leopardi con il suo pessimismo che recita qualcosa come “Che fai tu luna in ciel, tu che vagar potresti per ben più ameni lidi”. Abbiamo rivisitato alcuni suoi poemi, speriamo che non si rivolti nella tomba. Le statue danno lo sguardo a questa Italia e a tutta la storia. Che è quella di personaggi diversi che abitano in una città  del nord. C’è una famigliola, composta da Leo, Mastandrea, un idraulico padre di due figli e marito di una moglie stravagante che spesso scompare, la Gerini. Alba è Diana, una pittrice squattrinata che ha tanti problemi, non riesce a farsi pagare né a farsi rispettare da nessuno. Il suo padrone di casa, Amanzio, Battiston, si definisce “sensibilizzatore”, è uno che gira per la città  e commenta quello che non gli piace, dalla maleducazione al cattivo gusto. È un rompiscatole, rischia anche di essere malmenato, ma rappresenta qualcuno che tenta di fare qualcosa contro la volgarità  imperante».
E la cicogna?
«È una cicogna vera, Agostina, l’unica amica di Elia, figlio dell’idraulico, un ragazzino strano che ha problemi a scuola e ha interessi diversi dagli altri. Non a caso, quando in un supermercato incontra Amanzio, diventano amici, una coppia stramba. Le cicogne non sono addomesticabili, non è stato facile lavorare con Agostina, ma mi piaceva averla nella commedia».
A quale genere di commedia ha pensato?
«Oggi la commedia è tante cose, purtroppo molte delle commedie che hanno incassato di più negli ultimi anni tendono a essere il più commerciali possibile, non mi sembra che abbiano intenzioni ulteriori.
Il comandante e la cicogna nasce intanto dalla voglia di qualcosa di più leggero e ironico dopo due film seri come Giorni e nuvole e Cosa voglio di più.
Poi, scrivendo con Doriana Leondeff e Marco Pettenello, dividevamo la stessa sensazione di essere immersi in una melma senza capire come uscirne. Ci siamo ancora dentro, ma adesso forse c’è uno spiraglio, però allora la mattina aprivi il giornale e ti tagliava le gambe, ti toglieva energia, una sensazione brutta. Allora ho cercato di raccontare la realtà  con un po’ di distacco e di mettere nel film tutta l’energia che mi veniva tolta. Il desiderio è di avvicinarmi alle commedie di una volta, che raccontavano la realtà  e la politica con leggerezza. È il mio film più scoppiettante e più surreale, spero di comunicare al pubblico un po’ di energia positiva. Malgrado i mugugni di Garibaldi».
In che modo si intrecciano le diverse storie?
«Tutto ruota intorno allo studio legale dall’avvocato Malaffano, uno Zingaretti insolito, che parla milanese, un po’ il simbolo della volgarità  dei nostri politici – non tutti naturalmente – un trafficone incapace di vergognarsi. Ci finiscono tutti, per diverse ragioni. L’idraulico, per esempio, vuole risolvere il caso di un imbarazzante video della figlia, messo in rete dal fidanzato lasciato dalla ragazza. C’è anche la pittrice Diana, che sta dipingendo un affresco in cui il megalomane Malaffano si fa ritrarre come Tarzan nella giungla».
Tra i suoi impegni c’è anche un documentario sui non vedenti. Che cosa l’ha spinta ad affrontare un tema così delicato?
«La curiosità  mi spinge sempre verso mondo che non conosco. Anni fa erano stati i Rom, ma si possono trovare arricchimenti nella vita di chiunque, figuriamoci nella vita di uno che non ci vede. Avevo conosciuto un fisioterapista non vedente in un periodo in cui avevo male alla schiena e parlando con lui ho scoperto che, oltre ad essere simpaticissimo, faceva cose che mi sembravano incredibili.
Cos’è che l’ha colpita di più?
«Non avevo mai pensato che un cieco facesse le regate o che imparasse a sciare a 52 anni. Mi ha affascinato, tramite lui ho conosciuto
altre persone non vedenti, ho messo insieme una decina di storie fantastiche. Tra gli altri c’è uno scultore di Bologna, Tagliaferri, che ha rifatto la statua del Cristo velato che sta a Napoli senza averla mai toccata, solo attraverso le descrizioni di un amico: la somiglianza è impressionante. Devo ancora trovare un titolo ma non è un film sui ciechi, è un film su persone che, nonostante un handicap così grave, hanno spesso molta più energia, fantasia e vitalità  di noi cosiddetti sani».

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