Senato, arrestato il direttore delle Poste “Spacciava cocaina per conto di un boss”
ROMA — «Sto venendo con la macchina delle Poste». E’ solo una intercettazione, una delle tante, che lo incastrano: Orlando Ranaldi, 53 anni, direttore, da 5 anni, dell’ufficio postale all’interno del Senato, è finito agli arresti domiciliari per un grosso giro di cocaina. Una banda di trafficanti decisamente inconsueta: il capo, Alessandro Mele, 36 anni, era un autista del Cotral, l’azienda di trasporti e tra gli arrestati c’è anche un vigile urbano, Stefano Gallo, 42 anni, accusato solo di peculato perché andava a comprare la coca con la macchina di servizio. Dello stesso reato, oltre che di spaccio, dovrà rispondere anche Orlandi, un personaggio poliedrico, molto conosciuto tra i senatori, iscritto all’Api di Francesco Rutelli (sul suo profilo Facebook compaiono foto che lo ritraggono durante un appuntamento politico con alle spalle Rutelli e Bruno Tabacci) che su Twitter stigmatizzava così lo scandalo della Regione Lazio: «È ora di uscirne con la testa e col cuore, non col portafogli. Basta gargarozzoni e musicanti».
Orlandi è stato immediatamente sospeso dalle Poste che precisano candidamente: lo spaccio avveniva fuori dall’orario di servizio. E in effetti, secondo i carabinieri del capitano Mauro Merola, la piccola gang smerciava cocaina esclusivamente in alcuni paesi dell’hinterland lungo la Prenestina, a sud della capitale. Nessun sospetto che qualche bustina finisse anche all’interno di Palazzo Madama dove la notizia è stata accolta con stupore e imbarazzo. Il presidente Renato Schifani parla di sconcerto e amarezza. «Sono esterrefatto, siamo aperti alle verifiche degli investigatori ».
«Mi raccomando, domani sera lui pensa alla cena, tu pensi ad altro… e io faccio compagnia» questa un’altra delle frasi in codice («altro» sarebbe la cocaina) riportate nelle 31 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal Gip di Velletri, Alessandra Ilari. E ancora: «Devi essere preciso, dobbiamo stare sempre sul pezzo, sennò ci fanno fuori» nel senso che lui e il complice sarebbero stati tagliati fuori dal giro. Dodici, complessivamente, le persone finite
in carcere: otto italiani, tre albanesi e un romeno. L’inchiesta è scattata il 25 marzo scorso con un’operazione di routine, la perquisizione dei carabinieri in casa di Marcelo Cela, 44 anni, un albanese in odore di spaccio. I militari frugano dappertutto e capiscono di aver fatto centro: 42 grammi di coca, due etti di hashish, qualche grammo di erba. La proprietaria del palazzo spiega di aver affittato l’appartamento allo straniero, su richiesta del nipote, Alessandro Mele, l’autista del Cotral.
Gli investigatori, come sempre in casi del genere, si mettono sulle tracce dell’autista e, durante una delle intercettazioni, spunta una telefonata con un tale Orlando: «Dove sei?» «Sto quasi a Valmontone… Torno con la macchina delle Poste». Quella Panda in uso al direttore e che giustificherà l’imputazione di peculato.
Dopo una serie di appostamenti e controlli a distanza, i militari ricostruiscono l’organigramma della banda: il capo è Mele, Orlando Ranaldi è il suo braccio destro e i due, insieme, vanno a comprare la droga dagli albanesi per poi passarla agli spacciatori al dettaglio.
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