Scontri e sommosse alla Foxconn: la fabbrica degli Iphone di nuovo chiusa
Oltre 40 i feriti, decine gli arresti, 5000 agenti chiamati a sedare i tumulti la cui origine non è ancora chiara. La versione ufficiale pone all’inizio di tutto un diverbio «privato» fra operai. Secondo le versioni rimbalzate da Weibo, il twitter cinese, la causa sarebbe stata invece la violenza di alcuni guardiani che hanno pestato a sangue un operaio che si era rifiutato di fare gli straordinari notturni. È stata aperta un’indagine. Torna così alla ribalta, di nuovo in modo inglorioso, il gigante taiwanese dell’elettronica mondiale che in Cina ha 20 impianti, 1,3 milioni di dipendenti e assembla il 40% dei prodotti di punta dei big mondiali, a cominciare da Apple. La fabbrica di Taiyuan, secondo le informazioni raccolte dalla Reuters, sarebbe una di quelle che produce l’Iphone5. La prima volta che la Foxconn è finita con clamore in cronaca nera è stato quando, oltre 2 anni fa, alcuni suoi giovani dipendenti dell’impianto di Shenzhen, in tutto 17, si sono suicidati gettandosi dalle terrazze dei dormitori. Le ultime proteste per aumenti salari si sono avute invece a Chengdu in giugno. Nonostante che, sotto la spinta del suo committente principale, la Apple, abbia cercato di ripulire la propria immagine migliorando condizioni di lavoro e aumentando salari, la compagnia resta un luogo di tensioni per i metodi, militari qualcuno ha detto, con cui governa le legioni di operai dei suoi impianti immensi e per lo sfruttamento intensivo che esercita. In un’inchiesta condotta dal New York Times lo scorso anno era riportato l’episodio in cui una modifica sull’IPhone in uscita arrivata dalla Apple nel cuore della notte si era tradotta in una razzìa dei dormitori, con gli operai buttati giù dal letto: «Un biscotto, una tazza di tè e via alla catena».
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