by Sergio Segio | 12 Settembre 2012 7:14
ROMA — Immaginate di avere una carta d’identità elettronica integrata con la tessera sanitaria, che contenga tutto in un chip. Di entrare in un bar qualsiasi, prendere un caffè, leggere il giornale on line grazie al wi-fi gratuito e comprare il biglietto del tram con il telefonino. Di scegliere la scuola di vostro figlio guardando su Internet promossi, bocciati e rendimenti degli istituiti della vostra città . Di controllare come vanno gli interventi nell’ospedale dove vorreste curarvi con un clic. Di non dover più fare file per nulla: certificati di nascita, residenza, ricette, prescrizioni, saranno spediti al vostro domicilio digitale. È l’obiettivo di Digitalia, il decreto che il Consiglio dei ministri dovrebbe discutere venerdì. Ma che potrebbe slittare, perché i nemici dell’Italia connessa sono molti: apparati pubblici, ministeri, funzionari, compagnie telefoniche. E perché la torta da spartire è così golosa, che ognuno vuole essere certo di accaparrarsi la fetta più grossa. La cabina di regìa che ha lavorato alla legge, fatta dai sei ministri competenti e dai loro consiglieri, ha dovuto trattare su tutto. Il risultato – il decreto che Repubblica anticipa – non crea il migliore dei mondi possibili. Non trasforma i nostri capoluoghi in smart city, le città in cui tutte le tecnologie collaborano per rendere migliore, e più semplice, la vita. Ma tende verso quell’obiettivo.
Le amministrazioni pubbliche saranno obbligate a mettere le proprie informazioni a disposizione di tutti per scopi sociali e commerciali con effetto immediato dall’entrata in vigore della legge. Il che significa, ad esempio, consentire ai cittadini di controllare il funzionamento di una scuola, le prestazioni di un ospedale o di una municipa-lizzata semplicemente andando su Internet. «Il solo carburante che può mettere in moto le tecnologie di una città e farle dialogare tra loro sono i dati – dice uno degli autori della legge – numeri, nomi, immagini che messi insieme svelano l’equilibrio che governa la collettività . Questo decreto li rende patrimonio collettivo». I ministri avrebbero anche voluto modificare le norme sul diritto d’autore, ma Antonio Catricalà in persona ha posto il suo veto. «Per il bene di Digitalia», ha detto il sottosegretario alla presidenza del Consiglio. E così, ancora una volta, il governo non interviene su un tema che rappresenta un nervo scoperto per le tv tradizionali (smaniose di strappare regole più restrittive) e per la libertà in Rete.
BANDA LARGA
Per il 2013, vengono stanziati 150 milioni di euro per la banda larga. Pochi. E dall’articolo 28 è stato anche espunto il comma 3, che avrebbe facilitato la creazione di hotspot wi-fi chiedendo solo un’autocertificazione. C’è uno scontro tra il modello che vorrebbero imporre gli operatori mobili, con tutti i dati che passano attraverso le loro reti di terza e quarta generazione, e un modello opposto di wi-fi diffuso. La realizzazione delle infrastrutture necessarie rappresenta il grosso pacchetto di investimenti che dovranno essere disposti nei prossimi anni. Per colmare il digital divide e per permettere a ogni cittadino, anche nel luogo più remoto, di comunicare in
modo moderno sono necessari banda larga e ultralarga. La nascente Agenzia digitale potrebbe diventare qualcosa di simile all’Iri negli anni ’50 e ’60, e per questo – sul posto di direttore generale – i ministri litigano da settimane.
DOCUMENTO DIGITALE UNIFICATO
Se ne parla dal 1997. Adesso sarà legge, la carta d’identità digitale accorpata alla tessera sanitaria. Dal primo gennaio 2013 i nuovi documenti di identità potranno esse-
re solo elettronici. Un affare su cui negli anni scorsi hanno messo le mani Sogei e Poligrafico dello Stato, che cureranno fabbricazione e distribuzione per la modica cifra di 15 euro a tessera (secondo gli estensori della legge, si dovrebbe fare a molto meno). Per facilitare il tutto, nasce l’anagrafe digitale nazionale (ora ci sono solo anagrafi comunali) e verrà istituito il domicilio digitale, l’e-mail certificata attraverso cui la Pa dialogherà col cittadino.
START UP
Ben sedici articoli del decreto sono stati curati dal ministro dello Sviluppo Passera. Riguardano gli incentivi alle start up, le società che nascono facendo innovazione. Passera intende presentarne il contenuto domani ad “H Farm”, una specie di Silicon Valleu fondata a Treviso da Riccardo Donadon. Deve però ancora trattare con il ministro dell’Economia Grilli e con la Ragioneria generale dello Stato, perché su fondo per le start up, digital divide e facilitazioni all’ecommerce la copertura finanziaria è ancora vaga.
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