by Sergio Segio | 4 Settembre 2012 6:20
Mai così “rosa” come oggi la scuola italiana. Se vorremo vedere qualche docente di sesso maschile aggirarsi tra i corridoi degli istituti statali italiani, fra qualche anno, nella selezione degli insegnanti — oltre ad una quota da riservare ai giovani — occorrerà riservarne anche una per gli insegnanti maschi: le “quote azzurre”, insomma. Caso più unico che raro nel mondo del lavoro nostrano. L’ultimo dato messo a disposizione — attraverso la pagina “Scuola in chiaro” — dal ministero dell’Istruzione sul personale della scuola è il più alto di tutti i tempi: gli insegnanti a tempo indeterminato di sesso femminile ammontano all’88 per cento del totale. Una percentuale che cala lievemente tra i supplenti: l’84 per cento. In effetti, il trend sulla cosiddetta femminilizzazione della scuola italiana è segnato da decenni. Tanto che nel 1999, il ministero della Pubblica istruzione ha dedicato un’intera pubblicazione all’argomento.
È un bene per la scuola pubblica questa massiccia presenza di maestre e professoresse? E quali sono i motivi? Nel 1953 gli insegnanti uomini nella scuola erano ancora parecchi: quasi il 40 per cento. La bilancia pendeva dalla parte delle donne per via della massiccia presenza femminile nella scuola elementare e materna. Alle medie si registrava ancora una leggera prevalenza di donne in cattedra mentre alle superiori il trend si invertiva. Ma col passare degli anni, le cose sono cambiate. Nel 2000/2001 già 3 insegnanti italiani su 4 erano donne. E nel 2010 si era già superata la quota dell’80 per cento. Oggi, anche nella scuola secondaria di secondo grado prevalgono le professoresse: due su tre insegnanti. “Questi dati — scriveva nel 1999 l’allora sottosegretario di stato Nadia Masini — sembrano confermare il tradizionale orientamento delle donne verso la professione docente ”. Analizzando, infatti, i dati dei diplomati e dei laureati ci si accorge che, a fronte di una sostanziale parità tra maschi e femmine alla nascita, si diplomano alla fine della scuola superiore un numero leggermente maggiore di ragazze — il 51,5 per cento — perché i ragazzi sono maggiormente soggetti alla dispersione scolastica: bocciature e abbandoni. Ma non solo. A proseguire gli studi universitari dopo il diploma sono di più le ragazze che prevalgono nettamente tra gli immatricolati. Nell’anno 2011/2012 la differenza tra i generi in ingresso all’università è già superiore ai 12 punti: 56,3 per cento di femmine contro il 43,7 per cento di maschi. E siccome per insegnare, soprattutto alle medie e alle superiori, occorre e occorrerà la laurea, la strada verso la femminilizzazione della scuola è fatalmente segnata. Anche perché anche all’università la strada per le donne è meno accidentata di quella degli uomini e la differenza di genere alla laurea sale a 17 punti e mezzo. Del resto, le lauree che per eccellenza hanno una destinazione scolastica sono al femminile: Lettere e filosofia fa registrare il 72,3 per cento di laureate e Lingue straniere addirittura l’85,2 per cento. E anche su matematica, Fisica e Scienze prevalgono le donne. “Sarebbe opportuno indagare — continuava la Masini — se e quanto questa massiccia presenza delle donne nell’insegnamento continui ad essere il frutto della tradizionale divisione di compiti fra uomini e donne” e “se questa sorta di monopolio femminile nell’insegnamento, soprattutto nella scuola di base, sia più o meno positivo”. All’estero la femminilizzazione della scuola è meno accentuata: nel 2010, si va dal 63,3 per cento della Spagna al 74,2 per cento degli Stati Uniti.
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