Razzismo e odii sociali minaccia per l’Europa

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Dall’Ungheria alla Norvegia fino alla Grecia: xenofobia e odio sociale minacciano l’Europa. Ad Atene Alba Dorata cresce nei sondaggi e dà  la caccia agli immigrati. Intervista al leader socialista ungherese Mestherhà zi: c’è un furore nazionalista pericoloso.
Il loro collante politico è l’avversione all’«Europa dell’omologazione e degli affaristi». Il loro collante ideologico rispolvera ideologie e pratiche di un passato che non passa: l’odio verso gli immigrati, l’antisemitismo, la xenofobia. Cercano di cavalcare l’insicurezza sociale prodotta dalla crisi, indirizzandola contro i «palazzi del potere» che «affamano il popolo» e contro «gli scippatori di lavoro»: neri, asiatici, i «diversi» che vanno «rispediti a casa», con ogni mezzo. Il nemico viene individuato nelle classi politiche nazionali cosmopolite e liberiste «traditrici» dei valori tradizionali della nazione e l’Unione Europea, concepita come una creazione figlia della cultura che loro rifiutano.
Un populismo aggressivo, in crescita politica ed elettorale, che attraversa l’Europa da Nord a Sud, da Est a Ovest. In questo contesto, annota in un recente saggio Francesco Violi (Il Populismo in Europa e nell’Unione Europea), «l’Ue è un nemico da abbattere, il ladro della sovranità  violata, colei che vuole annacquare, omologare o cancellare le tradizioni e le culture differenti, colei che vuole rubare ai popoli la loro sovranità  col placet dei burocrati e delle classi dirigenti decadenti e corrotte, colei che fa l’interesse dei grandi multinazionali e delle grandi lobby finanziarie contro il benessere della gente comune…». L’euroscetticismo è il terreno su cui il populismo nazionalista e dichiaratamente di destra incontra quello di movimenti e partiti «nuovi», adeologici». A sottolinearne la pericolosità  è stato recentemente Mario Monti.
In Europa si sta diffondendo un «pericoloso fenomeno» con «populismi che mirano alla disgregazione» nei diversi Stati membri. È l’allarme lanciato, l’altro ieri, dal premier italiano dopo il bilaterale con il presidente del Consiglio europeo Herman van Rompuy a Cernobbio. «Siamo in una fase pericolosa» perché «in Europa c’e molto populismo che mira a disintegrare anziché integrare e sono molto lieto che il presidente Van Rompuy abbia colto la mia idea di un vertice ad hoc», in cui si parli del fenomeno di «rigetto a cui stiamo assitendo», ha aggiunto Monti. «Ho proposto al presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, che la riunione straordinaria» per affrontare i populismi e l’antieuropeismo «abbia luogo a Roma, in Campidoglio» dove fu firmato il Trattato europeo, ha concluso il Professore.
MAPPA
Per contrastare un fenomeno in preoccupante crescita, occorre analizzarlo, conoscerlo, radiografarlo. L’Unità  ha dedicato a questo complesso tema un documentato articolo di Paolo Soldini. Ritornare sull’argomento è utile per comprenderne innazitutto il radicamento. Tra i pionieri dell’euroscetticismo, c’è il francese Front National (Fn) guidato da Marine Le Pen. Legato alla Destra sociale, nazionalista e con chiare derive xenofobe, il Fn negli anni si è liberato dalle sue tendenze più estremiste guadagnando terreno tra giovani e operai fino alle presidenziali dello scorso aprile, quando la Le Pen ha ottenuto il 18% dei voti, piazzandosi al terzo posto dopo Hollande e Sarkozy e facendo scattare l’allarme a Bruxelles, preoccupata dalla «minaccia populista» portata avanti in Francia e non solo. Una minaccia che, infatti, si estende a macchia di leopardo in tutta Europa e che in Ungheria è il segno distintivo del partito al governo, Fidesz, e del premier Viktor Orban. Nei suoi confronti l’Ue ha aperto una procedura di infrazione per leggi giudicate in contrasto con i trattati europei nel campo dell’indipendenza della Banca centrale, della giustizia e dei media, certificando la deriva autoritaria di un premier che più volte si è scagliato contro l’euro e l’Ue.
Tra i partiti populisti di destra estrema, attualmente presenrti al Parlamento europeo e nel proprio Parlamento nazionale che portano avanti questi «valori», ci sono: Diritto e Giustizia in Polonia, l’Ataka Attacco Unione Nazionale in Bulgaria, Jobbik Movimento per una Ungheria Migliore, il Partito della Grande Romania, il Partito Nazionale Britannico, Alba Dorata in Grecia, il Partito Nazionale Slovacco. A questi si uniscono movimenti europei che si muovono in una ottica antistatalista e antiomologazione europea, senza raggiungere l’estremismo ideologico della destra radicale: tra questi, il Partito della Libertà  in Olanda, in Austria il Partito della Libertà  e la Lega per il futuro dell’Austria entrambi creazione del defunto Jà¶rg Haider. Si va dal partito irlandese Libertas, che ha guidato il voto contrario al referendum sul Trattato di Lisbona in Irlanda nel 2008, allo Ukip nel Regno Unito, un partito che ha al centro del suo programma politico l’uscita della Gran Bretagna dall’Ue. Nella realtà  scandinava troviamo il Partito del Popolo Danese, i Democratici Svedesi, i Veri Finlandesi e il Partito del Progresso in Norvegia, di cui è stato membro Breivik, l’autore del massacro di Utoya. «L’unica forma di europeismo che unisce alcune di queste forze riflette ancora Violi è l’europeismo alla Breivik. l’europeismo dell’odio, l’europeismo del “noi, società  aperta e libera” contro loro, “chiusi e pericolosi”., l’europeismo del bene contro il male. Una visione inconciliabile contro una visione universalistica dell’umanità , come vuol essere la propsta federalista»
L’ESCALATION
Non siamo di fronte solo a movimenti marginali. Dal 2008 ad oggi gli anni della crisi più dirompente il Fn francese ha ottenuto il 18% alle presidenziali dell’aprile scorso. Nello stesso periodo in Belgio, nonostante il protrarsi della crisi di governo, l’Alleanza Libera Fiamminga continuava a mietere consensi nei sondaggi. In Svezia, per la prima volta i Democratici Svedesi riuscivano ad entrare in Parlamento, in Finlandia i Veri Finlandesi di Timo Soini ottenevano il 19% risultando il 3° partito più votato e scavalcando il Partito di centro. In Ungheria, lo Jobbik otteneva il 16,6% ed è il terzo partito. In Olanda, a 4 giorni dalle elezioni anticipate, sembra invece aver perso colpi l’euroscettico Partito per la libertà , guidato da quel Geert Wilders che nel 2010 conquistò gli olandesi con le sue crociate anti-immigrati. Dopo aver staccato la spina al governo conservatore di Mark Rutte, Wilders ora ha trasformato l’appuntamento al voto in un referendum sull’Europa, reclamando perfino il ritorno al fiorino.


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