by Sergio Segio | 11 Settembre 2012 6:42
Le Costituzioni hanno qualcosa in più sia del principio politico che hanno assunto normativizzandolo e quindi determinandolo e specificandolo, sia della forza di cui sono dotate. Una forza triplice. È normativa perché attiene ad atti che raggiungono la legalità più alta. È politica perché a generarle, sostenerle e a gettarle nel coacervo dei poteri e dei diritti, dei bisogni e dei limiti, del privato e del pubblico, del presene e del futuro – il tutto da valutare e regolare – è la politica. È progettuale perché è diretta a soddisfare tali e tante altre esigenze. Questo plus di significato, di valore, di attrazione e soggezione è il senso delle Costituzioni. Se a generarlo è lo Zeitgeist in cui le costituzioni nascono, a diffonderlo è il consenso sociale che sanno meritare. È un senso che pervade una intera comunità . È un plus che sa incidere sulla storia da cui emerge cadenzandola con le conquiste di civiltà ottenute, anche se non irreversibili. Sono sempre impregnate di storia, le costituzioni. La fanno, la orientano, ne sono travolte. Perché si pongono e agiscono come compimento della politica, come suo progetto realizzato o da inverare. Perché prescrivono le condizioni di vita della pluralità umana che presiedono e ne rivelano l’etica professata in una determinata stagione della loro esistenza. Perché alla politica, all’economia, all’etica offrono la forza del diritto, lo strumento adeguato a garantire che politica, economia, etica si dispieghino con la massima efficacia nella concretezza della vita associata.
Il plus che promana dal segno impresso sulla storia d’Italia dalla Costituzione della Repubblica è colto, come mai così compiutamente, da Lorenza Carlassare (Nel Segno della Costituzione La nostra carta per il futuro. Feltrinelli, pp. 256, euro 19). È un bel libro, scritto con grande maestria, quella che al linguaggio adeguato alla comprensione del lettore comune accompagna un uso ineccepibile del lessico tecnico-giuridico. Dovrebbe essere letto in tutte le scuole della Repubblica. Indica e dimostra quanto elevato e profondo, sia stato e sia il contributo che, nella sua stagione più alta, l’Italia offrì, con la Costituzione del 1948, alla civiltà politica e giuridica. La civiltà prefigurata e sostanziata dell’illuminismo che ne affidò lo sviluppo e la realizzazione a quella sua proiezione permanente che si denomina costituzionalismo.
L’incipit del libro è ricognitivo e militante insieme. Riproduce la definizione che, nel 1797, il primo professore italiano di «diritto costituzionale democratico», Luigi Compagnoni, diede della Costituzione come «scienza del popolo libero». Ricognitivo, analitico, ricostruttivo, sistematico, militante sempre è tutto il libro. La ragione è da ascrivere alla personalità dell’Autrice, giurista dal rigore indefettibile, quanto mai fedele allo stile della scuola padovana del positivismo giuridico. Ma appunto per la interpretazione che sa dare dei canoni di tale scuola, quelli della indefettibile aderenza alla lettera delle proposizioni normative, Lorenza Carlassare è costituzionalista militante per i principi che testi come quelli della Costituzione italiana traducono in norme costituzionali.
Il libro parte dai fondamenti, dal concetto di costituzione. È una scelta metodica, ed è decisiva. Mira a definire il rapporto stato-costituzione rifiutando la preminenza, la signoria dello stato-apparato. Rifiutando cioè, che si deduca, più o meno consapevolmente, che sia la salvaguardia del potere dello stato-apparato la ragion d’essere, il tema dominante della normativa costituzionale. Rifiutando che si possa affermare che una costituzione possa essere «per il potere». Non lo è, se la costituzione vuole essere tale. È altro, è il contrario. Non perché il potere, sia esso politico, economico o sociale, come questione, come problema, come appartenenza e soggezione, sia estraneo ad una costituzione, ne è anzi l’oggetto. Ma l’oggetto da limitare, articolare, distribuire, comprimere quando incontra i diritti, i bisogni, le aspettative, gli ideali, i progetti di sviluppo della persona umana, ovunque questa si collochi o agisca. È questa concezione della costituzione che Lorenza Carlassare vede immessa, profusa, sancita nella Costituzione italiana. Per essere, quella nostra, «programma per il futuro, pensato e costruito intorno a valori essenziali e senza tempo» quali «la persona umana e la sua dignità ». È questo valore senza tempo che vive nelle determinazioni delle libertà , nell’eguaglianza sostanziale, nei diritti civili, politici e sociali e nelle loro prosecuzioni, nel sistema dei controlli, nella forma di governo. Temi trattati tutti ricostruendo la verità delle prescrizioni costituzionali e la realtà delle interpretazioni, elusioni, limitazioni operate dal 1948 ad oggi e segnalando gli irrecuperabili ritardi dell’attuazione costituzionale, le tante torsioni interpretative ed operative che hanno incrinato il senso complessivo della Carta costituzionale.
Il libro però non si ferma al passato, affronta con scrupolosa attenzione il tema delle riforme costituzionali, dal «rovesciamento della Costituzione» disegnato e perpetrato sulla forma di governo, respinta dal corpo elettorale nel giugno 2006, alle altre minacciate e in cantiere o anche realizzate come la legge elettorale vigente che svuota la rappresentanza invece che realizzarla. Non poteva mancare e non è mancata la trattazione dei problemi generali che sono prepotentemente e gravemente emersi via via, quelli che al costituzionalismo vengono posti dalla crisi dell’atto-legge, dall’affermazione del diritto giurisprudenziale, dalla produzione sovranazionale delle normative, dalla globalizzazione, dal capitalismo finanziario e la sua minaccia di un nuovo totalitarismo, in una parola, la questione del costituzionalismo e della democrazia oggi.
La conclusione corona mirabilmente questo libro con una proposta rigorosamente coerente, felicemente derivata dai bisogni di quest’epoca, quella di un umanesimo nuovo: Nel segno della Costituzione.
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