by Sergio Segio | 14 Settembre 2012 7:37
Un carabiniere morto, un adolescente in fin di vita, decine di feriti e 280 fermati. E un attentato alla rete elettrica che ha lasciato al buio alcuni quartieri della capitale. Anche quest’anno, in Cile, un 11 settembre di violenti scontri, durante le manifestazioni che si sono svolte in tutto il paese per ricordare il 39mo anniversario del colpo di stato compiuto da Augusto Pinochet. Secondo la polizia, il conto dei danni è stato più salato dell’anno scorso (a cominciare dal numero di autobus danneggiati nella capitale Santiago, 414), anche per la maggior quantità di armi rilevata. Una di queste – calibro 38 – ha ucciso il carabiniere ventisettenne che tentava di difendere un supermercato, preso di mira dai manifestanti. Il generale Luis Valdés, che comanda i carabineros della capitale, ha dichiarato che, tra i feriti, vi sono 26 agenti, tre dei quali gravi per colpi di arma da fuoco. In compenso – ha affermato il sottosegretario agli Interni, Rodrigo Ubilla, – il numero degli arresti è stato inferiore a quello del 2011. Il dato più evidente, però, è la proporzione di minorenni fermati per gli scontri, 86. Ieri, molti di loro sono tornati in libertà (vigilata), qualcuno con obbligo di firma, come un quattordicenne accusato da un video di aver attaccato con determinazione la polizia. Ha 16 anni anche il presunto colpevole per la morte del carabiniere. «Non bisogna dimenticare le cause che hanno portato all’11 settembre 1973, un periodo buio per la democrazia e per i diritti umani», ha detto l’ex-presidente Michelle Bachelet, in visita in Colombia come inviata Onu per l’uguaglianza di genere. Un messaggio che i giovanissimi hanno ampiamente recepito, perché durante le proteste che si susseguono a intermittenza, il riferimento ai tempi di Salvador Allende non manca. Martedì, con decisione unanime, la Corte d’appello di Santiago ha messo fine all’inchiesta sulla morte dell’ex-presidente socialista, le cui spoglie erano state riesumate nel maggio 2011 per determinare le cause della sua morte, l’11 settembre ’73. Il procedimento era stato aperto per verificare la fondatezza di altre tesi, secondo le quali l’ex presidente cileno sarebbe stato ucciso da un golpista, oppure morto per mano di una guardia del corpo in una specie di «suicidio assistito», non essendo stato capace di spararsi. Allende – ha stabilito invece la Corte confermando la versione ufficiale e quella dei familiari – si è ucciso con un Ak-47, il fucile automatico regalatogli da Fidel Castro: difendendo fino all’ultimo il palazzo presidenziale della Moneda, bombardato dai golpisti di Pinochet. Per ricordare le circa 3000 vittime dei militari, in molti si sono recati nei due stadi di Santiago, utilizzati come luoghi di tortura durante la dittatura di Pinochet (1973-1990). Anche il presidente-miliardario, Sebastian Pià±era, ha deposto una corona di fiori. Un gesto che non basterà a convincere quella percentuale di cileni (oltre 52%) che non lo gradisce più e, a poco più di un anno dalle prossime presidenziali, previste per il 17 novembre 2013, vorrebbe mandare a casa il suo governo neoliberista. Secondo l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo, di cui il Cile è entrato a far parte, il paese governato da Pià±era è il più iniquo dei 34 che compongono l’Ocse. Le imponenti manifestazioni di studenti e lavoratori, scesi in piazza per tutto il corso del 2011, lo hanno così obbligato ad annunciare un disegno di legge per una timida riforma tributaria che promette di togliere qualche briciola ai profitti delle grandi imprese per destinarle al sistema educativo (uno dei più cari al mondo e uno dei peggiori per qualità fin dalla scuola primaria). A fine agosto, un sondaggio ha registrato invece il 46% delle intenzioni di voto a favore di Bachelet. Il candidato della destra con più gradimento, Laurence Golborne, è risultato al 14%. Ministro dei lavori pubblici, Golborne si era fatto notare durante il salvataggio dei 33 minatori intrappolati a San José, nel 2010. Nonostante le critiche alla sua presidenza (per l’aumento della povertà , per le dighe in Patagonia, o per l’assenza di riforma nell’educazione, richiesta dalle prime proteste dei liceali), l’immagine di Bachelet tiene. Su una eventuale candidatura nel 2013, lei però non si pronuncia.
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