Quei bonifici di Fiorito prima di lasciare Ai collaboratori esterni 700 mila euro

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ROMA — Un paio di mesi prima di dimettersi da capogruppo del Pdl Franco Fiorito effettuò numerosi bonifici a persone del suo entourage, anche politico. Sulle distinte di accredito non veniva specificato il nome del destinatario, ma gli investigatori della Guardia di Finanza li avrebbero già  individuati. E adesso rischiano l’accusa di riciclaggio. La faida interna al Pdl era già  cominciata, il sospetto è che Fiorito cercasse in questo modo di mettere al sicuro i fondi prima di una sostituzione che lui stesso aveva capito essere inevitabile.
È la prima relazione consegnata ai magistrati dal Nucleo Valutario a ricostruire ogni passaggio di denaro e a quantificare la cifra che il consigliere regionale avrebbe sottratto alle casse del partito: un milione e trecentomila euro distribuiti tra conti italiani ed esteri.
L’attività  di Abbruzzese
Si muovono su binari paralleli gli accertamenti disposti dal procuratore aggiunto Alberto Caperna e dal sostituto Alberto Pioletti. Da una parte l’accusa di ruberia a Fiorito, dall’altra l’operato dell’ufficio di presidenza del consiglio regionale che in due anni ha elargito quattordici milioni di euro ai gruppi consiliari. Per questo saranno nuovamente interrogati il presidente Mario Abbruzzese e il segretario generale Nazzareno Cecinelli.
Il ruolo di entrambi viene infatti ritenuto strategico nella scelta di destinazione dei fondi. E dunque bisognerà  capire come mai, nonostante ci fossero numerose voci di bilancio in sofferenza, si decise di destinare così tanti soldi al funzionamento dei gruppi. Stabilire quale criterio fosse stato adottato per la quantificazione delle esigenze. Tenendo conto che quelle cinque delibere che aumentavano l’entità  delle somme ottennero anche il voto favorevole dei partiti di opposizione Pd e Idv. Nel primo interrogatorio Abbruzzese ha sostenuto di aver «seguito alla lettera le leggi regionali». Adesso dovrà  spiegare come mai non fosse mai specificato per quale motivo era necessario far lievitare l’entità  delle somme da elargire.
Il ruolo
di Polverini
Anche Renata Polverini potrebbe essere ascoltata come testimone. Nei giorni scorsi ha incontrato il procuratore Giuseppe Pignatone per onorare un precedente appuntamento su tutt’altro argomento, ma appare difficile che non si sia parlato di quanto sta accadendo alla Regione Lazio. «Dirò tutto quello che so», ha promesso la governatrice al momento di annunciare le proprie dimissioni. E dunque non è escluso che decida di presentarsi in procura per fornire nuovi elementi ai pubblici ministeri. Tenendo però conto che una parte degli aumenti sono stati decisi con due “determinazioni” proprio dalla Giunta da lei guidata.
Adesso sono in molti a negare di essersi accorti di questa girandola di spese folli, ma analizzando i conti appare difficile crederci. Anche perché ci sono esborsi da capogiro sui quali nessuno ha mai ritenuto di dover chiedere almeno una spiegazione. E perché gli stipendi dei consiglieri erano stati decisi seguendo un criterio unitario: 9.700 euro in busta paga, più un extra di 4.100 euro per un totale mensile di 13.800 euro mensili. Ai quali andavano aggiunti i 100 mila euro annui per l’attività  politica che, a seconda degli incarichi, potevano essere raddoppiati o addirittura triplicati.
I soldi ai collaboratori
Tra il 2010 e il 2012 il Pdl ha messo sotto contratto una quarantina di collaboratori che si aggiungevano ai dipendenti regionali e ai consulenti. Un esercito di persone costato l’anno scorso oltre 665 mila euro. «Per svolgere al meglio il lavoro dei consiglieri — scrisse Fiorito in una lettera al Comitato di controllo inviata il 28 febbraio scorso — è stato necessario aumentare notevolmente il numero del personale a disposizione del gruppo stesso. Le assunzioni sono state necessarie e aggiunte alle varie consulenze per svolgere al meglio l’incarico elettivo dei componenti» e hanno comportato «l’impiego di elevate somme assegnate al Gruppo». Non ci fu alcuna obiezione né interna, né esterna al partito.
Anche sulle altre «uscite» gli organismi che avrebbero dovuto verificare la congruità  degli esborsi non hanno avuto nulla da dire. Eppure tra le «voci» c’erano cifre esorbitanti come controllare quella sulle «Riunioni, Convegni, Progetti, Incontri» costata 685.689,84 euro in appena dodici mesi e quella su «Indennità  e rimborsi ai componenti per attività  svolta a nome del Gruppo» da 647.547,03 euro. Così Fiorito giustificava le ulteriori spese: «È stato inoltre necessario per svolgere le varie attività  acquistare attrezzature tecniche, messe a disposizione dei consiglieri, e coprire varie spese di informazione, locomozione e rappresentanza. Tali spese sono riportate dettagliatamente nello schema allegato». Un foglio che dava conto di un esborso totale pari a 3.110.326 euro a fronte di entrate pari a 2.735.502.
La trattativa con i pm
«Fiorito restituirà  alla Regione i soldi che ha preso in più rispetto a quanto gli spettava», ripete il suo legale Carlo Taormina. La quantificazione non è stata ancora effettuata, ma nella relazione della Guardia di Finanza si parla di almeno 330 mila euro trasferiti in Spagna e lui si è impegnato pubblicamente a risarcirne almeno 400 mila.
Un’altra verifica riguarda gli immobili. Nella relazione viene specificato l’elenco delle case che possiede a Roma — due di proprietà  e due ottenute in affitto da enti di beneficienza — la villa che ha comprato al Circeo, ammettendo di aver versato 200 mila euro «in nero» e le tre case che ha a Tenerife, alle Canarie. E che sono tuttora gestite dalla compagna di suo padre, la donna alla quale ha intestato almeno tre dei bonifici esteri.
Fiorenza Sarzanini


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