Polverini: «Mando a casa questo Consiglio indegno»

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ROMA — Se i colori in politica vogliono dire qualcosa, allora forse non è per caso che Renata Polverini, per dire addio al Lazio, abbia scelto il bianco. Del resto, poi, basta sentirla parlare per capire che è quello il messaggio che vuole mandare nel tentativo estremo di prendere le distanze da questo scandalo di ostriche pagate con i soldi pubblici da esponenti della sua maggioranza: «Da pochi minuti sono tornata libera e mi sento bene. In questi due anni e mezzo ho visto cose allucinanti, mi sentivo in una gabbia». Per descrivere l’assemblea del Lazio userà  soprattutto due parole: «Vile», «Indegna». Ai consiglieri regionali manda un messaggio inequivocabile: «Codardi come sono hanno approvato una riforma sperando poi di fare un inciucio, qualcuno forse pensava di poter passare da una banda di malfattori all’altra». E ancora: «Noi come giunta abbiamo operato bene, io vado via a testa alta, il Consiglio invece non è più degno di rappresentare il Lazio: quindi questi signori li mando a casa io». Lei, che si sente «senza colpa alcuna».
Ne ha per tutti, l’opposizione «vile» e il Pdl che ha «personaggi da operetta». Se il Lazio è stato travolto dallo scandalo è «per una faida interna al Pdl, con personaggi ameni che si aggirano per l’Europa a rappresentare l’Italia. Abbiamo assistito a un dibattito ridicolo tra uno che pensava di girare col suv (si riferisce a Franco Fiorito, ndr) e un altro che voleva regolare le sue partite politiche (Francesco Battistoni, ndr). Spero queste persone vengano assicurate alla giustizia e che abbiano la giusta pena per i reati commessi». Sostiene anche, Polverini, che il passo delle dimissioni «sia stato deciso lunedì».
Ma la realtà  politica è diversa da quella delle dichiarazioni ufficiali: che nella decisione un ruolo decisivo l’abbia giocato l’Udc è parso evidente fin dal mattino. Perché gli esponenti locali (Ciocchetti, Forte, i consiglieri) continuavano a sostenerla, ma il segretario Lorenzo Cesa, che li ha incontrati, ha esposto loro la linea decisa dal partito, diametralmente opposta. La riunione di metà  giornata da Angelino Alfano, insieme con Gianni Letta e Fabrizio Cicchitto, non scioglie le riserve: il Pdl le mette sul piatto anche la testa del presidente del consiglio regionale, Mario Abbruzzese, ma è altro che decide il destino dell’ormai ex presidente del Lazio. È Pier Ferdinando Casini a spazzare via ogni dubbio: prima le telefona, per comunicarle la decisione, poi parla in tv, al Tg3: «Dopo il marcio che è emerso, dopo la cupola che ha fatto venire fuori uno schifo, la cosa migliore è restituire parola ai cittadini». Lo sostiene anche Cesa, che la incontra poco dopo. A quel punto, non c’è più nulla da fare per rimanere alla guida della Regione: arrivano le dimissioni del consigliere di Fli, e allora basta far di conto per capire che aggiungendo i sei consiglieri Udc alle firme di dimissioni raccolte dal Pd del segretario regionale Enrico Gasbarra e del capogruppo Esterino Montino sarebbero diventate trentasei, la metà  più uno degli eletti. Sorride nel suo modo Massimo D’Alema: «Queste dimissioni sono un successo delle opposizioni». Poi aggiunge, serissimo: «I fatti che le hanno generate richiedono una riflessione seria da parte di tutti i partiti». Il segretario del Pd, Pierluigi Bersani: «Gesto da sottolineare, ma si tratta di dimissioni innescate da noi, poi l’Udc non ha potuto fare altro. Non mi è piaciuto che Polverini facesse la Giovanna D’Arco». Per il sindaco di Roma Gianni Alemanno «è inaccettabile che lei, senza un avviso di garanzia, sia costretta a dimettersi». Per il coordinatore Pdl Ignazio La Russa «ha dato una lezione a tutti». Per il deputato Pd Roberto Morassut questa «è la fine di un regime». Per Giorgia Meloni, Pdl: «Governi eletti dal popolo che soccombono di fronte a politicanti e campagne di fango, questa non è l’Italia che vogliamo».


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